mercoledì 18 febbraio 2009

Map of the problematique*

- Se fingerai a tal punto da credere tu stesso per primo alla tua depressione e debolezza, potrai fare a meno di affrontare il duro e difficile compito di crescere: troverai sempre qualcuno attorno a te disposto a giustificare ogni tua mossa e ad addossarsi le colpe di ciò che tu - povera fragile depressa anima - sarai finalmente libero di commettere, infischiandotene del fatto che la tua immaturità - nascosta sotto il più elegante nome di "depressione" - non è mai una caratteristica innocente. La depressione è la tua armatura e il "prima o poi mi ammazzo" è l'esca con la quale ogni volta cerchi di richiamare a te le persone che hai invischiato nel tuo gioco di seduzione finalizzato al dominio delle loro vite, dei loro destini. Non è il tuo dolore ad essere infinito, ma la totale mancanza di scrupolo che ti porta a infischiartene delle conseguenze di quello che fai, a fregartene dei sentimenti degli altri, in fondo non è forse vero che tutti i depressi - anche quelli veri - di fronte ad un bimbo appena morto e a sua madre che gli piange tutte le lacrime addosso, stanno lì a ponderare e dirsi : - Beh, sì, immagino che questa madre soffra, ma anche io non sono da meno, e nessuno, nessuno dico, può capire quanto stia male io, oh, nessuno può aiutarmi, io sono uno schifo, io sono uno sbaglio, io sono una merda e non merito alcun aiuto, non valgo niente, tanto vale che mi ammazzi, io, io.. fino a dimenticarsi completamente del bimbo morto e della madre - lei sì - veramente distrutta?

E che fa, poi, la persona in questione? continua a piangere, certo, ma poi con la coda dell'occhio controlla che la vittima del suo gioco egoista non si distragga alla visione del bimbo morto, del dolore vero e giustificato e se per tant'è la vittima riesce a defilarsi per un po' e a cercare di tornare padrona di se stessa e della propria obiettività, ecco che la persona depressa riaggancerà la vittima, di solito iniziando con un balletto ambiguo che serve a confondere le idee della vittima e a gettarla di nuovo nel caos, per poi lanciare la stoccata del "mi dispiace, sono io non sei tu il problema, lo so" e concludendo con la bomba "meglio che sparisca, eh?", senza quasi bisogno di sapere la risposta, perché sarà sempre il " No. Voglio aiutarti" della vittima del gioco di osceni bimbi adulti che sono queste persone fintodepresse. Vittima che lotta tutto il giorno con il senso di colpa e che dimentica - perché non c'è nessuno di più abile di una persona diciamo così "depressa" nell'usare parole, gesti, sfumature e sguardi per incantare e imbrogliare e imbrigliare, mi perdoni il jeu de mots, il prossimo - che non ha nessuna colpa di quei sensi di colpa, sensi di quelle colpe che in realtà apparterrebbero alla persona paracula e depressa che però non riconosce mai come proprie (ma dato che qualcuno quelle colpe se le deve addossare, chi meglio di un qualsiasi altro fuori da sé piuttosto che se stessi)?
Tutte le persone che si lasciano agguantare da una persona "armata" di depressione sono molto utili perché, oltre a poter essere tranquillamente incolpate degli errori e degli sbagli commessi in prima persona dalla persona "depressa", regalano quella potente sensazione di amore o amicizia appassionati ed esclusivi e soprattutto - qui sta la differenza - morbosi, poco importa se sbilanciati e monodirezionali, ovvero tesi a soddisfare unicamente le esigenze della persona depressa che quando dice " ti amo" o "ti voglio bene" in realtà sottintende "amami" e "adorami" , dal momento che esse non sono capaci di fare altro che di amare se stesse, perché nella vita non hanno mai imparato a crescere, ovvero ad uscire da se stesse e incontrare, abbracciare, rispettare ed amare gli altri nell'unico modo veramente onesto e paritario: disinteressatamente. E con spirito di condivisione e sacrificio; ed empaticamente, ovvero con la voglia e il coraggio di mettersi nei panni di chi si pretende di amare, ma tutto questo è, per la persona immatura e armata di depressione in giusta quantità - che sennò tutto sfugge al controllo, per carità, non sia mai - troppo faticoso. Meglio che siano gli altri a faticare cercando di amare follemente, dimenticandosi delle proprie vite e cedendo ad una spirale ossessiva, queste persone sì depresse, ma tanto tanto sensibili all'amour fou - intricato e immorale e clandestino, il più delle volte - e alle amicizie uniche e titaniche o all'ossessione per la propria persona da dover scatenare anche negli altri - pena la soddisfazione del proprio ego (esigenti, questi depressi, non trova?).
Perché tu, infante uomo che ti fai la barba o bimba donna che ti depili le ascelle, non sei in grado di capire che le persone che ti circondano sono al tuo livello, no, tu le vedi come persone da soggiogare, ricattare, sedurre e dominare, che è poi un po' quel che fanno tutti i bambini coi loro genitori, no? ma a loro viene data l'attenuante dell'innocente mancanza di premeditazione, mentre a te cosa dovrebbe essere concesso? No, non puoi essere giustificato, sarebbe un crimine. No, non puoi avere comprensione, perché se fosse, la tua, vera depressione o vera debolezza, se tu veramente avessi problemi, faresti comunque la cosa più giusta: allontanarti . Per poi curarti. Tenere fuori gli altri - che comunque non possono fare granché, non avendo le giuste competenze e direttive e dai quali comunque tu non vuoi vero aiuto, ma solo costante e stoica adorazione -, evitare di tentare di rovinar loro la vita alla ricerca di attenzioni che non sai in che altro modo ottenere e rivolgerti a specialisti il cui pregio (per te un difetto, quindi) è quello di essere a te "sconosciuti" e perciò molto più adatti a curarti o a... smascherarti. Ecco, questo è quanto fa la differenza tra il depresso vero e quello finto.
O, se preferisce, tra il depresso buono e innocente e quello cattivo ed opportunista.
- Quindi, dottoressa, con questo discorso generale lei sta forse insinuando che io stia fingendo per sfuggire alle mie responsabilità e che dovrei accettare l'idea che io sia una persona dall'animo diciamo, beh, non proprio innocente e sfortunata e che le vere persone innocenti siano quelle coinvolte nei miei rapporti e...
- Sì.
- Quindi quando io le dico che tutto quello che certe persone mi hanno fatto passare e tutte le sofferenze che ho patitto e che mi stanno dilaniando dentro potrebbero portarmi presto al suicidio, lei non mi crede? Lei non riesce a vedere, dottoressa, che se mi sto riducendo a considerare il suicidio come ultima spiaggia la colpa è degli altri, della mia vita sfortunata, della mia famiglia, dell'amore che va storto e che...
- No, non è il suicidio la sua ultima spiaggia.
- Ah, no? sentiamo, che potrei fare, io che le ho provate tutte ma che ogni volta mi scontro con le ingiustizie e l'incomprensione e l'ingiustizia e la cattiveria di un mondo che...
- C'è un'ottima terapia. Scommetto che nessuno gliel'ha mai consigliata. Ed è stato un errore, avrebbe dato una scossa, una svolta al suo - come l'ha chiamato prima? - "dolore inspiegabile e infinito".
- E sarebbe?
- Se ne vada affanculo. Sparisca. Lasci tutto e tutti e - seriamente - se ne vada a fare in culo. Faccia uno scambio giusto ed onesto: ridia la pace e la libertà agli altri e si riprenda le sue colpe e le sue responsabilità. Scenda dalle loro schiene e cammini sulle sue fottute gambe. Lei sta gattonando la vita, come una creatura di pochi mesi, è ora che impari a camminare, come tutti. Nonostante si senta vittima di un oscuro male senza fondo, lei non soffre per un cancro alle ossa, non le hanno spezzato l'anca o la spina dorsale, non ha la distrofia, non le hanno amputato le gambe, non è costretto a vegetare su un letto con la bava alla bocca, gli occhi sbarrati, la testa reclinata e i due stuzzicadenti atrofizzati al posto delle gambe. Lei è un ragno e le sue relazioni d'amore e di amicizia una ragnatela dove intrappolare tutti quelli che le interessano per poi gettarne via le carcasse una volta sazio, sempre che lei abbia chiaro il concetto di "sazio", lei così inarrestabile e così insaziabile... La smetta. Cresca, perdio.
- Io non credo che lei abbia il diritto...
- Ecco, le mot juste! Mi chiedevo quando avrebbe tirato fuori questa parola, "diritto". Lei ha sempre vissuto arrogandosi più diritti degli altri, arrivando addirittura a rubarli a chiunque abbia incrociato sulla sua strada e che le sia tornato utile a farle vivere una vita da parassita.
- Lei mi sta spezzando l'anima, è senza cuore, si rende conto di quello che sta dicendo, sta passando sopra il mio dolore e la mia sofferenza come fosse un panzer!
- Complimenti, vedo che sta facendo un'ottima autoanalisi, forse ci scorgo un pallido ed esiguo esempio di una qualsivoglia sorta di transfert, ma d'altronde non mi stupisce: i fintodepressi sono ottimi psicologi. Bah, direi che per me finisce qua.
- Vuol dire che mi sta congedando? così, su due piedi... tutto quello che le ho detto...
- Sì, ma non sia triste. Vede, le si è aperto un bivio, una possibilità di scelta: andare a farsi fottere o suicidarsi. Prima aveva solo il suicidio, come prospettiva... può sempre procrastinare, no? Ma, le consiglio di pensarci su: vada a fare in culo, una volta per tutte. Visto mai che non sia l'occasione giusta per crescere? Se poi non ci riesce, invece di piagnucolare e incolpare Tizio o Caio o la vita, le consiglio le rotaie e un treno. Infallibili. Non si getti da un dirupo o da un palazzo, come ha paventato poc'anzi, per carità! Potrebbe fallire e a che prezzo? diventerebbe un peso per i suoi cari e... ma forse è quello che vorrebbe: continuare a essere un peso per gli altri, come ha fatto finora. Eh, già, il suo proposito di tentativo di suicidio suonerebbe più come un lapsus freudiano, è quasi divertente. No, mi dia retta. Il treno in corsa è la risposta.
- Dottoressa - ma a questo punto non so se continuare a chiamarla con quel titolo, perchè è evidente che dopo tutte le sua parole lei non ha tutte le carte in regola e le credenziali per potere svolgere la sua pro-
- Se Iddio Nostro Signore Onnipotente un giorno decidesse che Swoosh! un uragano deve decimare una città - o meglio che un'intera città debba andarsene affanculo - lei smetterebbe di chiamarlo Dio? E comunque mi chiami come vuole, lei è al centro di questa stanza ma non al centro della mia carriera, si figuri, mi chiami panettiera , se vuole, o sciampista.
- Lei confonde le acque con le sue parole, non ha alcun rispetto di me, sta cercando di ingannarmi, di...
- Mi sta accusando? Giochiamo a "di chi è la colpa" , eh? Proprio vero: il lupo perde il pelo, ma non il vizio. Però, vi è traccia di un secondo ottimo passo di autocritica, ancora complimenti! Inganno e rispetto . Rifletta sulle parole, la metta in relazione con quello che lei ha fatto della sua vita e degli altri (non di quello che la vita e gli altri avrebbero fatto di lei) e gioisca dei progressi di questa seduta, su!
- Basta, me ne vado, è troppo!
- Sì, vada, vada. Vada affanculo. Per il treno c'è sempre tempo.
Ultimamente, poi, portano sempre ritardo. Una scocciatura.


(*titolo di una canzone dei Muse, la mia preferita dell'album Black holes and revelations)

1 commento:

  1. 6 mesi di tarocchi online ed ecco quel che salta fuori. Uno dei motivi per i quali ho mollato.
    Ma non ci sono solo i tarocchi, purtroppo. La miglior università di psicologia ce l'ho attorno e dentro di me. Non è per vantarmi, anzi, è per dire che a volte non ci si sente bene ad avere una vista da falco in un mondo di (più o meno finti) ciechi.
    Chi mi dovesse accusare di "falsa sensibilità" per questo mio racconto, si guardi allo specchio. Poi, segua il consiglio della "mia" psicologa: se ne vada affanculo. Tanto, sotto il treno non ci finirà mai, è inutile che tenti di prendere tutti per il culo. Ogni tanto, un falco c'è, in questo mondo di (più o meno finti) ciechi.

    Nota tecnica: scrivo 'ste cose sui commenti, per non distrarre dai racconti che pubblico. Il commento è in realtà il post connesso al racconto.

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