domenica 29 marzo 2009

Happiness, or No reason to cry for (Olga - sabato notte)


"... non chiedi niente di più e ottieni esattamente quello che non ti aspettavi, persa com'eri dietro ad un'idea di felicità non dico falsa ma comunque ingannevole e autoritaria, e quello che eottieni è proprio la felicità, felicità che può avere mille facce, mille vie e ti rendi conto quasi con sgomento che è stato facile essere felice, abituata com'eri a intendere la ricerca della felicità come qualcosa che implicasse sforzo perenne e pesante.
Quello che ti fa stare bene e rincasare nel cuore della notte con un sorriso sulle labbra nonostante la grande stanchezza è il fatto che hai appena vissuto un pezzo di felicità senza aver dovuto compiere il minimo sforzo. Quasi come se questo brandello di felicità ti fosse stata concessa così, con leggerezza e disinteresse, da un X esterno. Ma non è vero: sei tu, e non lo sai, che ti sei data la felicità, sei tu che hai smesso magicamente per un attimo di sforzarti di raggiungere una vetta la cui immagine ossessionante t'inseguiva e ti corrodeva da una vita e che adesso - anzi, negli ultimi mesi - non esiste più. No, questa volta sei riuscita a cancellare - o ignorare - quella foto che ritrae la vetta e ad accorgerti che non esiste una via sola, un'unica immagine di felicità, un percorso monotematico, una sola persona, un solo desiderio... esiste altro ed esiste contemporaneamente. Hai scoperto che è più facile essere felice se dai alla felicità più volti, se dai alla felicità più opportunità di essere tale in mille maniere diverse, per potertela ritrovare là, all'improvviso, nelle situazioni che meno ti aspetti.
Altrimenti non ti spieghi perché, dopo una serata semplice e quasi banale dove hai gustato semplicemente vino, fragole e sorrisi, tu abbia toccato la felicità e l'abbia guardata dritto negli occhi, lei, lì, alla tua stessa altezza, mentre ti lasciavi cullare dalla macchina solitaria nel buio totale fuori città, a parlare e ascoltare e apprezzare e sorridere col tuo migliore amico e pensare dentro di te: - Olga, apri il finestrino, la tua voglia di scoppiare per la felicità non ci sta, nella Mini!
E quando poi, al semaforo, incontri una di quelle persone speciali che ti hanno fatto stare bene/stare male e gli vedi addosso l'occhio triste, - ovvero, gli vedi esattamente stampato in faccia il tuo passato infelice e quindi ti pare il negativo di questa nuova te stessa - non puoi fare altro che augurargli la felicità vera, non quella agognata, quella stessa felicità che tu stai assaporando in quel momento, ma dopo... non esiti un istante a lasciar scivolare via quella persona dal tuo momento magico, e ritornare subito a te, all'epifania della felicità rivelata, alla tua voglia di essere sempre in cima ai tuoi stessi pensieri e ti accorgi che c'è una canzone che improvvisamente inizia a suonarti dentro - perché alla felicità e ai momenti magici occorre dare un volto o un suono o un colore o un odore, qualcosa da ricordare, insomma - e realizzi che quella canzone è Cry for love di IGGY .
Per quando hai raggiunto le scale di casa tua ti ritrovi finalmente a dire, ad alta voce, nonostante il sonno di tutto il mondo che ti circonda:- strano...Cry for love... proprio questa canzone e proprio a me, proprio ora che non ho alcun motivo, non ho nessun motivo al mondo per dover piangere o urlare, no reason to cry for"

sabato 28 marzo 2009

Manifesto pro Veg di Olga in confronto al quale le parole della canzone degli Smiths sono una roba ridicola


Mi viene in mente una frase di Dio* che recita più o meno così: " se Dio non avesse voluto che mangiassimo animali, non li avrebbe fatti di carne" e ammetto che questa frase stupenda e cinica mi ha sempre fatto ridere e spesso l'ho usata in passato, quando incocciavo in discorsi con vegetariani e/o animalisti.

[la solita deficiente che sdrammatizza o evita discorsi impegnati citando battute altrui (l'altra frase che cito appartiene sempre al Dio succitato e riguarda la prova matematica che Dio non è un'entità femminile: "se Dio fosse femmina, lo sperma saprebbe di Nutella" - e con questa mi gioco la fascia Olga Oxfordian Manners World Champion 2009 ottenuta lottando peggio che ad una competizione ad eliminazione anche fisica tra 12.450 donne e un solo Hugh Jackman a disposizione, e mi sputtano in maniera sempiterna agli occhi del mio sparuto pugno di lettori, ma tant'è... berrò l'amaro calice e qualora iniziassi ad avvertire una sinistra aria di gelo e isolamento, gente che non mi scrive più, che mi toglie il saluto, che cancella i miei indirizzi, che fonda su Facebook il gruppo "Uccidiamo Olga lentamente a colpi di fichi maturi sulla fronte", che scrive OLGA E' UN PUTTANOIDE D'INAUDITE PROPORZIONI con la bomboletta sui muri di casa - i muri esterni, ovvio,s e fossero interni mi preoccuperei anzichenò - dicevo, per consolarmi ciuccerò una costoletta di maiale (attenzione alle sfumature: la ciuccerò, non la mangerò)].

..Poi, un bel giorno, scopro che la carne non mi piace granché. Non ne sento la voglia, così come non sento più il desiderio delle sigarette, quell'amore quasi clandestino e vergognoso e lacerante che ti spingeva, nel cuore della notte, a metterti di nuovo le lenti a contatto cercando di non accecarti con le unghie lunghe, lisciarti alla meno peggio i capelli, infilarti qualcosa di decente al posto del poco delicato pigiama viola a fantasia di cazzetti blu elettrico (e qua, anche gl'ipotetici ultimi due lettori, sento di averli persi per sempre), esporre il tuo corpo ad un brusco sbalzo - dall'ottimale temperatura sottocoperta al gelido schiaffo della notte scura, occhi che lacrimano, punta del naso crinata e guance ferite dalla lama dell'aria invernale - e bestemmiare nell'accorgerti che hai dimenticato gli spiccioli per il distributore automatico e che l'unica moneta nel portafogli è un'agghiacciante banconota da 50 euro e la macchinetta non dà resto oltre la soglia dei 3 euro, ma tu sei talmente innamorato, sedotto, soggiogato, affascinato, incantato (ovvero: inculato ben bene) dalle sigarette, che non esiti a trasformare in un istante 50 euro in aria velenosa.

Ho quindi fatto una specia di test su me stessa (è la seconda cosa** che mi piace di più al mondo, quella di fare esperimenti su me stessa e vedere che cacchio salta fuori, in ogni contesto e con tutti gli esseri umani che mi capitano a tiro): niente ciccia e niente latticini per una settimana.
Risultato: sto da Dio. Non mi sveglio più la mattina con quella sinistra sensazione kafkiana di essermi trasformata - durante il travagliato sonno - in un antropomorfico torcolo di merda (e fuori un altro lettore, e via andare...). Occhiaie sparite. Energia. Pelle luminosa. Intestino contento. Salute ritrovata.
E allora eccomi qua: Olga ha compiuto un ennesimo cambiamento, ha spezzato un'altra catena (perché questo è, alla fine, ciò che può succedere di più bello nella vita: non sprecarsi a priori in nome di legami che non si ha più la forza e il coraggio di mettere in discussione - per abitudine, per lassismo, per DIPENDENZA - aggiungo io, ma spezzare catene.
E' il mio nuovo hobby, spezzare catene, ovvero sfanculare certe presenze - anche umane, eh sì - parassitarie e uccidere abitudini subdole e falsamente piacevoli).
Ok, per farla breve: leggetevi il testo di Morrissey, perché, in fondo, se non mangio carne è anche per loro, gli animali, ovvero per tutti gli esseri viventi che vengono creati, allevati e distrutti per l'unica loro "colpa" di non essere uomini, e contemporaneamente esser fatti di ... carne.
Così la gente la smette di dire che sono un essere demoniaco nelle cui vene scorrono strani globuli che ad un ingrandimento al microscopio rivelano sembianze riconducibili al viso di Wanna Marchi, di accusarmi di essere un mostro mitologico tipo centauro, metà Olga e metà Stronza.
Così recupero anche il mio pugno di lettori in un colpo solo.
Quanto sono buona.
E lo credo: sono fatta di... carne! Haha.

* Dio = Daniele Luttazzi
** la prima cosa è talmente ovvia che non dovrei neanche sprecarci questa nota. Eh, sì... collezionare santini è la cosa più bella che una donna possa voler fare, altro che trombare ... ops, ho riperso in una botta sola tutti quanti i miei lettori. Che idiota...
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SVELAMENTO DELLA VERITA':
no, è che adoro Hitler.
Egli non fumava ed era vegetariano.
Un esempio per tutti.
E ora, dopo quest'ultima e aberrante affermazione, vi avverto che avete il dovere morale di uccidermi e cucinarmi con un rametto di rosmarino, una sfumata di vin bianco, un'ombra di timo e servirmi con un corposo Rosso Piceno superiore e un contorno di fave tenerelle tenerelle.
Mangiatemi e apprezzatemi ruttando.

Start again, start again, start again, start again...

(Robert Doisneau - le Musicien sous la pluie)

English summer rain

Always stays the same, nothing ever changes,
English summer rain seems to last for ages.
Always stays the same, nothing ever changes,
English summer rain seems to last for ages.

I'm in the basement, you're in the sky,
I'm in the basement baby, drop on by.
I'm in the basement, you're in the sky,
I'm in the basement baby, drop on by.

Always stays the same, nothing ever changes,
English summer rain seems to last for ages.
Always stays the same, nothing ever changes,
English summer rain seems to last for ages.

I'm in the basement, you're in the sky,
I'm in the basement baby, drop on by.
I'm in the basement, you're in the sky,
I'm in the basement baby, drop on by.

Hold your breath and count to ten,
And fall apart and start again,
Hold your breath and count to ten,
Start again, start again...
Hold your breath and count your step,
And fall apart and start again,
Start again...

Always stays the same, nothing ever changes,
English summer rain seems to last for ages.
Always stays the same, nothing ever changes,
English summer rain seems to last for ages.

Hold your breath and count to ten,
And fall apart and start again,
hold your breath and count to ten,
Start again, start again...
Hold your breath and count to ten,
And fall apart and start again,
Hold your breath and count to ten,
And start again, and start again,

Start again...
(Placebo)

mercoledì 25 marzo 2009

Cherchez la femme (post sconclusionato derivato da attacco di ipoglicemia post lavoro)


Olga, dove sei finita?
Ti aspettano: una carriola di libri da leggere;
una cartella di file piena di righe sconnesse ( bozze, dialoghi, idee appena accennate, frasi senza capo né coda, spunti interessanti che rischiano di raffreddarsi, il nucleo del prossimo romanzo);
una splendida saga che aspetta solo che tu scriva il capitolo finale (Il Chiavaliere Oscuro) - i tuoi lettori fremono e rompono i c...;
una fila di mail di amici che aspettano non tanto delle risposte quanto almeno dei segni di vita...

Olga, dove cacchio sei finita?

(sono in un bel posto*
don't worry, torno tosto)

*che non è la tazza del cesso o un manicomio o l'Eldorado, ma - tout simplement - un posto isolato dentro me stessa, che conosco solo io, e che ogni tanto mi serve frequentare per una botta di nuova energia, per poi finalmente ritornare e..
no, ok, lo ammetto: sono agli arresti domiciliari.
Per fortuna c'è internet.
E Facebook.

Messa così la galera non dev'essere poi così male. Ok, basta con le fregnacce, prendo subito un Supradyn ed esco da questo povero blog.

martedì 24 marzo 2009

That is the question, Hamlet


Quando un tuo amico carissimo, fragile e lontano, è in pericolo, che fare?
Che fare, quando non si è né psicologi, né eroi e quando chi ami non vuole/non sa come essere aiutato?
Che fare, cercare di rianimarlo organizzando la classica serata a riguardarsi per la centesima volta Zoolander o parlare dei massimi sistemi nascosti nelle nostre vite così minimal?
Non so, a volte mi viene da pensare che voler bene ad un amico significhi passare anche tramite il silenzio e la rispettosa distanza.
So solo che non so che cosa fare, se non tacere e scrivere qua, nel posto che lui ancora non mi ha chiesto di poter visitare, nella speranza che arrivi quella richiesta d'invito.
Non so che fare e intanto, caro N***, le immagini di te svaniscono nella nebbia dell'ultimo nostro incontro di quasi 4 mesi fa - diocàne - e rimangono solo mille pensieri, tante paure e un'idiota in calzamaglia e teschio in mano che risponde al nome di Olga, che risponderebbe volentieri al suo vero nome, se solo tu osassi sussurrarglielo in un orecchio.
Spero di mancarti, spero che ti manchino tutti, perché se qualcosa manca, vuol dire che la si desidera e se si desidera, significa che si vive.
Forse.
O forse no.

Maledetto dubbio.

lunedì 23 marzo 2009

Sto per addormentarmi...

... e vi auguro la buonanotte con questa foto di David Fokos, perchè fuori tira vento, io sono a pezzi e l'immaginarmi l'erba in movimento nel buio glaciale guardata a vista da una fredda luna mi fa apprezzare di più il fatto di poter avere tra qualche istante, attorno al mio corpo caldo, morbide coperte addosso e la prospettiva bellissima di una notte tutta da vivere dormendo, con o senza sogni, non importa.

Non avere le forze neanche per.

(Jan Saudek - Milking the Cow)

Non avere le forze neanche per + aggiungere qualsiasi azione pratica e teorica plausibile da compiere nella quotidianità dopo 11 ore filate di lavoro.

Sia chiaro, non lavoro in miniera e non ho alle spalle decenni di catena di montaggio o turni notturni. Ho solo questa sorta di "alimentazione lavorativa" sbagliata in cui si alternano fasi anoressiche e fasi bulimiche, una somministrazione di lavoro anomala, anomala come questa foto che ho scelto come rappresentazione della mia situazione lavorativa di questi ultimi mesi... mesi di digiuno forzato e poi tanto, tanto latte col quale ingolfarsi fino a gonfiarsi e scoppiare, latte che non ti dà forza, ma te la ruba, perché a berne litri su litri oggi ti farà ingrassare e ammalare e contemporaneamente non ti salverà dall'inedia domani, quando questo latte sarà finito e nessuno saprà dire se ci saranno altre mucche da mungere, lasciandoti lì, nuda e indifesa ad aspettare, senza forze, con quella voce dentro l'orecchio che ti suggerisce l'idea che forse la prossima volta la vacca da mungere sarai tu. Ancora una volta, e come sempre in questi ultimi tempi, la vacca sarai tu.
E non avere neanche le forze per un potente e liberatorio

andatetuttiquantiamorireammazzati!

e limitarti unicamente a questo post timido e tiepido come un bicchiere di latte *

(*che, per inciso, è uno degli alimenti più disgustosi che ci siano in giro... che fortuna che ho, a non poterlo digerire)

domenica 22 marzo 2009

E' sempre un gran giorno quello in cui si scopre l'esistenza di un genio: Jan Svankmajer

(Jan Svankmajer)

(immagine della cover dell'oggetto del desiderio)

(da: Dimensions of Dialogue)


(da: Alice)

Ho scoperto solo oggi, tramite Cineblog, questo regista polacco e i suoi cortometraggi (fate un salto qui e godete, io ancora mi devo riprendere e niente tornerà come prima, ma forse è meglio così).
Surreale, macabro, divertente, onirico, insolito e... insomma, ho appena scoperto che gente come Gilliam, Burton, Cunningham e Gondry - tanto per citare, guarda caso, alcuni dei miei registi preferiti - non ha inventato niente.
Davvero.

Cari, a questo punto ho 2 notizie: la prima è che è appena uscito un cofanetto di suoi cortometraggi.
L'altra notizia è che, visti questi chiari di luna, un mio rene (a scelta) è in vendita per l'acquisto di tale cofanetto.
In alternativa, nel caso non aveste necessità di un buon rene (garantisco sui miei organi, a parte sul fegato che potrebbe presentare qualche eccesso di tessuto cicatriziale dovuto all'alc... ahem, a "cause sconosciute"), posso sempre uccidere su commissione.
Davvero.

Eroi

Chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola.
(21/3/09 - giornata contro tutte le mafie)

sabato 21 marzo 2009

Non aggiungo altro/3

Lavorare due sabati di fila e sapere che di norma "toccano" per forza 3 sabati su 4 finché un bel giorno non ti rimandano a casa a calci in culo per avvenuta scadenza contrattuale, fa molto, mooolto male (alla testa, intendo).

Non aggiungo altro/2

Lavorare di sabato fa anche più male.

Non aggiungo altro.

Lavorare fa male.

giovedì 19 marzo 2009

Io, oggi/4...

(Gian Giacomo Stiffoni)

(Andrea Merli)

(Daniel Densborn)

(Jean Boccaccino)



(Philippe Gillotte)

(non so)

... faccio un brindisi al recente passato,
auguri sinceri a chi nel cuore è stato.

mercoledì 18 marzo 2009

Il ring


"Qui è l'unico posto dove non mi faccio male"
(Randy "The Ram" - The Wrestler)

Un film dove la sconfitta, l'umiliazione e il fallimento diventano dignità, coraggio e coerenza. E senza pietismo e ammiccamenti. Tutto crudo, ruvido e allo stesso tempo dolce e delicato come ogni profondo sentimento di chi è solo e ha perso tutto, tranne una cosa: la possibilità di salire sul ring sempre e comunque, rizzarsi in piedi sulle corde, prendere lo slancio e tuffarsi a pesce sulla schiena delle avversità, anche a costo della vita.
Non so, forse sono una di quelle donne che rincoglioniscono maturando, ma questo film mi ha strappato una lacrima... e di rado mi capita di dare "consigli" cinematografici (mi è capitato solo con Il Cavaliere Oscuro), ma per The Wrestler faccio un'eccezione: andatelo a vedere!
E' bellissimo.
E Mickey Rourke è un perdente titanico e meraviglioso.

martedì 17 marzo 2009

Un inutile e poco interessante bilancio dello stato attuale delle mie letture, un post che potrei benissimo evitare di scrivere

Murakami Haruki - Kafka sulla spiaggia: Murakami si salva perché è giapponese e quindi non deve raccontare di ragazzine che sbavano per i Tokio Hotel e sognano di fare le veline o andare ad Amici e di ragazzetti che si ammazzano di droghe, alcol, videogiochi e seghe. Lo difendo anche perché mi ha regalato un paio di pagine stupende à la S. King (Johnny Walker che sbudella i gatti sotto gli occhi del vecchio mezzo tardo di Nakata, uno dei personaggi meno credibili di tutto il romanzo, insieme al camionista ignorante e al bibliotecario plurisessuato saccente e odioso... oddio, mi rendo conto solo ora che tutti i personaggi di Kafka sulla spiaggia mi stanno sul gozzo, tranne i gatti parlanti!).
Ma 2 pagine su 514 sono poche, eh Haruki... ma mi sei simpatico, da quando ho scoperto che sei uno che ama correre e lo fai da una vita, ed è per questo che ti rendo onore tutte le volte che faccio gli esercizi di squat per intostare il culo, usando il tuo libro come rialzo per i talloni. Ha l'altezza giusta per non stirarmi i tendini dei talloni, grazie Haruki, dovessi incontrarti ti offrirò una tempura fatta con le mie manine e poi ci faremo una corsetta, io e te.
Paulo Coelho - Veronica decide di morire: avendo capito a pag. 3 che quella matta non si sarebbe mai uccisa, ho voluto lo stesso continuare, ma poi, dopo aver scoperto la furbizia di questo autore nello spacciare per grandi verità cose che quelle sciroccate di Catherine Spaak e Eleonora Brigliadori (e qualunque donna che decida di convogliare la propria mancanza di cazzo e di attenzioni verso l'etereo mondo di luce della New Age) è da un pezzo che le vanno sbandierando in giro come invasate mi sono fermata e mi sono chiesta: e adesso che minchia ci faccio con questo libretto?
Non ci crederete, ma anch'io sono stata illuminata dalla saggezza dell'autore: il tavolinetto azzurro Lack di Ikea zoppicava: ora non più... il libro è un ottimo fermo. L'altezza giusta, così il Lack non balla più. Grazie, Paulo! La tua "guerriera di luce" per sempre devota.
(Spoiler: No, Veronica non muore. Sì, è una mezza zoccola).
Jonathan Coe - La casa del sonno: eh, cacchio, questo sì che t'incatena tra le righe del libro, che prosa e che padronanza dello stile. Non è certo all'altezza de La banda dei brocchi, ma ci sono pagine bellissime, soprattutto quelle che parlano di un amore impossibile ed eterno... ti ci fa quasi credere! Dopo, metti su un pezzo dei Carcass e torni alla realtà, ovvero che "tutto scorre nell'eterno fiume dell'inculata" ( 'sta citazione è mia, guai a chi me la incula!). E comunque, Johnny: fàttela finita di abusare del trucchetto narrativo delle coincidenze; oltre a non cascarci più, a volte ho la sensazione che tu voglia incularmi (tanto per rimanere in tema). Comunque, bravissimo. Come Murakami, mi fai sognare, con la differenza che i sogni con te sono credibili e belli.
Stephen King - Blaze: L'ho iniziato, ma non ci riesco a continuare, per ora. No, King non dev'essere letto: va succhiato, gustato, leccato, bevuto e mangiato. O semplicemente adorato. E io sono in una fase nella quale riesco ad adorare soo una persona: me (e Il bello è che non mi vergogno della mia sfacciata presunzione).
Ma il libro di King parte bene e sono sicura che, quando avrò tempo e mente a posto, mi gusterò tutto quello che mi aspetta acquattato tra le pagine di questo romanzo (scritto, mi pare, nell'anno in cui sono nata io, ma guarda un po'...).
Zygmunt Bauman - Vita liquida: eh no, cazzo! No! Non è possibile che, dopo neanche 10 pagine (l'intro) io abbia sentito un coro celeste e abbia avvertito il calore di un cono di luce a dorarmi i capelli e abbia gettato il libro accanto a me, scostato le coperte e, corposa ginocchiata a terra, mi sia prostrata con le mani giunte e abbia pregato: - Zigmundo! Mi hai illuminato! Hai ragione, è tutto vero, abbi pietà della mia ciecaggine (volevo dire "cecità", ma ciecaggine mi piace di più). O Zygmunto! Sigismondo! Sigmund! o come cazzo ti chiami, io leggerò tutto di te, dovessi campare cent'anni, farò solo questo!
A parte le cazzate, è vero: un'analisi lucida e con parole semplici della nostra società. La vita è una roba liquida, dice il longevo Sigismondo, e allora mi viene in mente quel particolare fiume dell'inculata di cui sopra e una calda lacrima, liquida come non mai, inizia a scendere dal mio occhio crinato.
Continuerò a leggerlo, ma con calma, sennò mi brucio le sinapsi.
Merito di Captain Spinoza, questa volta. Per sdebitarmi, gli consiglierò di leggere "Scusa ma ti chiamo amore" di Moccia: lacrime, lacrime, lacrime anche con Moccia... tutti per una vita liquida (ma sorvoliamo sul tipo di liquido).
Italo Calvino - Il castello dei destini incrociati: l'ho lasciato dopo il primo racconto, troppo incazzata per aver scoperto che lui, prima di me, ha avuto la fantastica idea di scrivere racconti brevi prendendo spunto dai tarocchi... maledetto genio! Sei morto, vabbé, ma se un giorno dovessi resuscitare e incontrarmi, stavolta ti ammazzo io. Quando però ti avrò perdonato, giuro che finirò il tuo libro (comunque, il più bello per me è Palomar).
Allen Carr - E' facile smettere di fumare se sai come farlo: grazie. Anche se un tumore ai polmoni ti ha portato via 3 anni fa, meriti la lode per aver usato ogni tua risorsa per far capire al mondo intero che "grande illusione" che grande inganno governano le nostre vite, fin da piccoli.
Se non fumo è perché tu mi hai aperto gli occhi semplicemente facendo una cosa rara, di questi tempi: dicendo la verità. E grazie all'altro tuo libro sul cibo, da oggi sono diventata vegetariana (ops, l'ho detto! doveva essere una sorpresa...). R.I.P.
David Foster Wallace* - Infinite Jest - La scopa del sistema - Brevi interviste con uomini schifosi - Oblio - Considera l'aragosta: dopo Dante, dopo Joyce, ecco David. Leggere Wallace ti cambia la vita. Leggere Wallalce è scoprire che in letteratura - stile e temi - la perfezione esiste. Il mio è un commento obiettivo: leggere Wallace è fare un'esperienza che di umano ha ben poco. mi sembra, ogni volta, di toccare vette, aprire porte, scoprire sensazioni che altrimenti mi sarebbero precluse. Sei il più grande, suicidarti non ti è servito a granché: non ti sbarazzerai mai di quelli come me, tuoi lettori in eterno.
Grazie a DFW ho scritto il mio primo libro completo.
Dave Eggers - L'opera struggente di un formidabile genio: valido solo per la pagina 120, il resto... per carità: come dissi una volta, è come aspettarsi una trombata con i controfiocchi su un materasso ad acqua con lo specchio sul soffitto e Hugh Jackman che vuole trombarti come fosse l'ultima occasione della sua vita di fare sesso, e invece ti ritrovi a fare petting dentro ad una Prinz giallo senape con l'essere meno dotato di muscoli al mondo: Calderoli. Ma forse è perché Dave cerca di scimmiottare David, quindi lo odio. Sì, forse è per questo....

Alla prossima secchiata di libri, cari lettori, ma per ora.. uff! tra lavoro, scrittura e fissaggio del soffitto ad occhi sbarrati, la vostra inquietante Olga non avrà più tanto tempo per leggere... e per ora, ho sottomano Zygmunt. E non è facile. Niente è facile, in questa vita.

Ops, dimenticavo:
Federico Moccia - Scusa ma ti chiamo amore: come per Zygmunt, vale il discorso dell'illuminazione. Ma qua è diverso: Federiko, io ti leggo e m'illumino.
M'illumino d'immerda.

(* DFW è Dio. Ed è morto. Riflettiamo.)

Io, stanotte:

Buon riposo.
Buonanotte.

lunedì 16 marzo 2009

le improbabili recensioni di Olga - AA.VV.

Sto leggendo un libro formidabile. Una lettura lenta, frammentata nel tempo, a volte solo poche righe. Certo, impiegherò tempo a finirlo, visto che si tratta di un libro monumentale e impegnativo, altamente ricco di informazioni, dettagli rigorosi e cifre. Non si spaventino i lettori, non è comunque necessario tenere a mente tutto, l’autore sembra anzi suggerirci di soffermarci solo su quei personaggi e quei luoghi con i quali sentiamo di avere un legame. E ci ammonisce di leggere senza fretta e di ponderare ogni minimo particolare, concedendoci la libertà di decidere se arrivare alla fine oppure no.

Lo stile è rigoroso, asciutto, nessuna ridondanza e questo facilita la lettura. Dovrebbe far felici tutti coloro che non amano l’accumulo di aggettivi e avverbi. Ma, nonostante il minimalismo asciutto della prosa, questo libro dipinge un affresco più che realistico della vita umana, vita che qui si esplica in migliaia di personaggi, tutti unici e ben definiti nelle loro identità, nei loro luoghi di appartenenza, finanche nelle loro professioni. Parecchi di loro, tuttavia, rimangono enigmatici e sconosciuti fino alla fine, alcuni abbiamo modo di conoscerli ad una successiva serie di riletture.

Non vi è morale o insegnamento da trarre, in quest’opera, l’autore non esprime giudizi e il lettore stesso, alla fine, si sente chiamato a rispettare questa impostazione, senza peraltro sforzo alcuno.

L’autore, a me ancora sconosciuto, sebbene abbia già scritto altri volumi di questa saga infinita, sta per preparare un altro libro, un altro capitolo ricco di cambiamenti, colpi di scena che vedono alcuni personaggi sparire di colpo, senza spiegazioni, e nuovi fare capolino, inaspettati. Personaggi che sembrano vecchi, vecchissimi, la loro presenza immutata su queste pagine, e personaggi nuovi, giovani, che durano lo spazio di un anno al massimo, per poi sparire misteriosamente. Alcuni di loro ci pare di conoscerli, ci suonano familiari, ma ecco che l’autore ci stupisce aggiungendo quel particolare in più che ignoravamo. Una continua scoperta, questo libro, riga dopo riga, pagina dopo pagina.

Perciò, continuerò a leggere questo libro, con la mente già rivolta a quello che sarà il prossimo capitolo, il prossimo futuro che mi verrà svelato da quest’ immensa opera che non è altro che l’elenco del telefono.


[oggi avevo voglia di scrivere una clamorosa cazzata, eccomi accontentata]

sabato 14 marzo 2009

Io, oggi.../3: matematica poetica della mongolfiera

Non sopravvalutare.
Non sopravvolare.
Solo, vola.
Considera le zavorre.
Buttale via.
Poi, vola.


Detto ciò, questa è la formula matematica che permette alla mongolfiera di volare ancora:
Olga ieri - n P(ersone) S(opravvalutate) = Olga oggi.

addendum: Olga ieri -n PS / 30 gg. = 0 casualità.

Stavolta il caso non c'entra un ----- .

Non trovo altri modi più "poetici" di questo, ora, se voglio parlare di amicizia. E quando scrivo, sorrido, perché il pensiero non va alle zavorre che ho gettato via in questi giorni , ma a tutti coloro che zavorre non saranno mai e che, anzi, danno aria e fiamma alla mia mongolfiera.
Sono una persona incredibilmente fortunata: dopo aver capito di essere stata colpita dalla sindrome di "sopravvalutazione del prossimo" e di aver imparato la lezione (con n persone diverse in n modi altrettanto diversi), ora mi rimarrebbe solo lo scervellarmi per poter trovare la formula matematica a dimostrazione di questa mia fortuna. Ma non sarebbe necessario.
E comunque non avrei fretta. Non ho più fretta.



Tutto serve

Equilibrio, sì, ma precario.
Precaria, sì, ma equilibrata.

mercoledì 11 marzo 2009

Un capolavoro


Bruce Springsteen - The Wrestler (il video)

E questa è la mia liberissima traduzione del testo:

"Hai mai visto un pony suonato in un campo, così libero e felice?
se hai visto quel pony, allora hai visto me.
Hai mai visto un cane con una zampa sola camminare per strada?
se hai visto quel cane, allora hai visto me.

Allora hai visto me, io che arrivo e mi fermo davanti ad ogni porta,
allora hai visto me, io che me ne vado sempre con qualcosa in meno rispetto a quando arrivo,
allora hai visto me, e puoi scommetterci: riesco a farti sorridere mentre il sangue colpisce il suolo.
Dimmi, amico mio, puoi chiedere di più?
Dimmi, puoi chiedere di più?

Hai mai visto uno spaventapasseri pieno solo di polvere e fieno?
se hai visto quello spaventapasseri, allora hai visto me.
Hai mai visto un uomo senza un braccio colpire nient'altro che aria?
se hai visto quell'uomo, allora hai visto me.

Allora hai visto me, io che arrivo e mi fermo davanti ad ogni porta,
allora hai visto me, io che me ne vado sempre con qualcosa in meno rispetto a quando arrivo,
allora hai visto me, e puoi scommetterci: riesco a farti sorridere mentre il sangue colpisce il suolo.
Dimmi, amico mio, puoi chiedere di più?
Dimmi, puoi chiedere di più?

Io, che mi allontano da tutto ciò che mi dà conforto,
non posso rimanere in questo posto, benché sia casa mia.
La mia unica fede è nelle ossa rotte e nei lividi che mostro.

Hai mai visto un uomo con una gamba sola provare comunque a danzare per essere libero?
Se hai visto quell'uomo, allora hai visto me."

Questa canzone è un capolavoro.

martedì 10 marzo 2009

Ricominciare infinitamente


La beffa infinita continua (appunto: è infinita).
Ho ricominciato a lavorare!
Solito posto, solito ruolo e, purtroppo, solita gente ai posti di comando.
Solito paese, solite leggi... Tutto infinitamente risaputo.
Ma infinita è anche l'arte di accontentarsi e di riuscire a vedere quel bicchiere mezzo pieno (dal quale, magari, ecco spuntare a fatica un'ape che, smadonnando e sbuffando, s'arrampica sulla cannuccia e con un ultimo, straziante impropero rivolto ad un cielo muto e indifferente, arriva a salvarsi culo e pungiglione approdando sul bordo del fatidico bicchiere - eh, vecchio Kieslo?).
"Infinite jest" non finisce mai, come libro, come vita, come blog.

Attacco alle 15, intanto... buona lettura!

lunedì 9 marzo 2009

Dillo a lei, José...


"Sapremmo assai più della complessità della vita se ci fossimo applicati a studiare con determinazione le sue contraddizioni, invece di perdere tempo con le identità e le coerenze, le quali hanno il dovere di spiegarsi da sole".
(J. Saramago)

p.s.
post criptico sulla (fine di un') amicizia. Anni di amicizia. Una storia troppo lunga e inutile da raccontare.
Una di quelle storie dove il lettore salta il titolo, tutto il corpo del libro, l'epilogo e i ringraziamenti per soffermarsi volentieri su un'unica parola, priva di ogni ambiguità o contraddizione, posta dopo la parola "fine":

VAFFANCULO

[Wow, che sensazione di potenza, identità e coerenza!]

Festa delle donne

"- Perché piangi, Artie?
- Sono caduto e gli amici se ne sono andati senza aspettarmi...
- Amici? Tuoi amici?... Se tu chiudi loro insieme in stanza senza cibo per una settimana... allora sì, scopri cosa è amici!"
(Art Spiegelman, Maus - dialogo tra padre e figlio)

Vero. Scoperto qualche ora fa, cosa è amici... una donna mi ha fatto la festa nel giorno della festa delle donne.
Mi piacciono le simmetrie, i contrappassi e i giochi speculari.
Molto più di certe "amiche".

Ho pena. Ma non per me.

domenica 8 marzo 2009

The Rising


La posto pure qua, questa bellissima scena dal Decalogo II di Kieslowski. E' stato il primo pensiero di stamattina*, mi ha sedotto completamente.
E mi chiedo: le coincidenze, il caso, il destino, un disegno superiore, boh?
Non m'importa.

*il secondo è stato: basta, Big Head va ucciso.

And now?

Now

sabato 7 marzo 2009

La mia Natura


... Poi inciampo in una foto e mi accorgo che la Natura ad ogni istante mi regala immagini splendide e fenomeni di una bellezza così paralizzante da lasciarmi senza parole e con il fiato spezzato.
E abbasso finalmente la testa perché una cosa è chiara quando mi accorgo che la Natura ancora (r)esiste e si manifesta immutabile e meravigliosa nonostante tutte le mie distrazioni e gli stupidi problemi e gl'inutili affanni: non è alzando la testa al cielo che posso trovare le risposte. E' guardandomi attorno - uno sguardo totale ad abbracciare tutto ciò che cade sotto i miei occhi - che posso provare a rispondere... ma quando capita che la Natura mi offre questo, beh... non ho più bisogno di domandare.
Mi prendo il lusso di fermare il tempo, di arrestare il flusso dei miei pensieri e di non sentire più il peso e l'urgenza; mi soffermo a contemplare la Natura, il cuore e l'anima finalmente in pace.

Questo è il momento in cui capisco il senso della risposta di Pierre S. de Laplace a Napoleone, "Dio è un'ipotesi che non mi occorre".
Che altro occorre, di fronte a tutto ciò?

... E anche oggi, sono felice.

venerdì 6 marzo 2009

Così diceva...


"Ho scoperto che la disciplina più difficile nella scrittura è cercare di partecipare al gioco senza lasciarsi sopraffare dall’insicurezza, dalla vanità e dall’egocentrismo. Mostrare al lettore che si è brillanti, spiritosi, pieni di talento e così via, cercare di piacere, sono cose che, anche lasciando da parte la questione dell’onestà, non hanno abbastanza calorie motivazionali per sostenere uno scrittore molto a lungo. Devi disciplinarti e imparare a dar voce solo alla parte di te che ama le cose che scrivi, che ama il testo a cui stai lavorando. Che ama e basta, forse.

Il talento è solo uno strumento. È come avere una penna che scrive invece di una che non scrive. Non sto dicendo che riesco costantemente a rimanere fedele a questi principi quando scrivo, ma mi sembra che la grossa distinzione fra grande arte e arte mediocre si nasconda nello scopo da cui è mosso il cuore di quell’arte, nei fini che si è proposta la coscienza che sta dietro il testo. Ha qualcosa a che fare con l’amore. Con la disciplina che ti permette di far parlare la parte di te che ama, invece che quella che vuole soltanto essere amata. Magari questa è una cosa che non fa molto fico dire, non lo so. Ma mi sembra una delle cose in cui riescono gli scrittori davvero grandi – da Carver a Cechov a Flannery O’Connor al Tolstoj della Morte di Ivan Il’ic al Pynchon dell’Arcobaleno della gravità – sia "dare" qualcosa al lettore. Quando il lettore si allontana dalla vera opera d’arte pesa di più di quando ci si è avvicinato. È più ricco. Tutta l’attenzione e l’impegno e lo sforzo che come scrittore richiedi al lettore non possono essere a tuo vantaggio, devono essere a suo vantaggio. Quello che è velenoso e deleterio, nell’ambiente culturale di oggi, è che rende tutto questo tanto spaventoso da dissuaderci a farlo. Un’opera davvero grande nasce probabilmente da una volontà di svelarci, di aprirci a livello spirituale ed emotivo in un modo che rischia di farci provare davvero qualcosa nel farlo. Significa essere pronti a morire, in un certo senso, pur di riuscire a toccare il cuore del lettore."

(D. F .Wallace, intervista - 1993)

Beh, è proprio così.

Così scriveva...

"Gli scrittori tendono a essere una razza di guardoni. Tendono ad appostarsi e a spiare. Sono osservatori nati. Sono spettatori. Sono quelli sulla metropolitana il cui sguardo indifferente ha qualcosa dentro che in un certo senso mette i brividi. Qualcosa di rapace. Questo è perché gli scrittori si nutrono delle situazioni della vita. Gli scrittori guardano gli altri esseri umani un po' come gli automobilisti che rallentano e restano a bocca aperta se vedono un incidente stradale: ci tengono molto a una concezione di se stessi come testimoni.
Ma allo stesso tempo gli scrittori tendono ad avere un'ossessiva consapevolezza di sé. Dal momento che dedicano molto del loro tempo produttivo a studiare attentamente le impressioni che ricavano dalle persone, gli scrittori passano anche un sacco di tempo, meno produttivo, a chiedersi nervosamente che impressione fanno loro agli altri".
(D. F. Wallace, Tennis, tv, trigonometria, tornado e altre cose divertenti che non farò mai più)

Io

Eccomi!

giovedì 5 marzo 2009

Herpes

Lei stava ferma, la schiena diritta e i piedi perfettamente appaiati di fronte alla vetrina del negozio di stoffe. Non era interessata a nessuno dei tessuti che, a guisa di onde immobili e colorate, disegnavano un piccolo mare di arcobaleno la cui superficie era l’immacolata e liscia vetrata. Lei stava osservando se stessa trasparire riflessa sul vetro e tutta la sua attenzione, tutta la sua esistenza era concentrata sulla macchia rossa sull’angolo destro del labbro inferiore. Un herpes di dimensioni ragguardevoli, una stonatura su quel viso già di per sé stonato, irregolare e un po’ sbattuto.

La ragazza distolse lo sguardo e nel voltarsi di scatto per sfuggire al più presto dalla visione ipnotica dell’herpes, quasi travolse il ragazzo che in quel momento stava passandole dietro alla schiena.

Ops, scusa!

No, figurati!

Lei tenne lo sguardo basso, coprendosi labbra e mento con la mano, ma bastò un’occhiata di sfuggita per constatare che il ragazzo era bello e che lei invece era impresentabile con quell’herpes, e si vergognò. Ragion per cui aggrottò la fronte, restituì al ragazzo che le fissava la bocca uno sguardo duro come uno scudo, e se ne andò.

Il ragazzo la guardò, voltandosi, e vedendola camminare con lo sguardo schivo, la schiena curva e il passo rapido e leggero, pensò che fosse proprio una bella ragazza e che le sue labbra fossero piene e invitanti, peccato che con l’infallibile liguaggio del corpo lei gli avesse comunicato, a lui che le aveva anche sorriso, totale chiusura e rifiuto.

Niente - sospirò sconsolato - non è successo. Non succede mai niente, è il destino…

La ragazza, cento passi più avanti, pensò la stessa cosa nello stesso istante.

La storia finisce così, ovvero che i due continuano a vivere, provocandole ad ogni istante, cose risapute e scontate, maledicendo il destino e aspettando un’occasione che, più la si attende, più sembra non arrivare mai, chissà perché.



Passeggera

(H. Daumier, Il vagone di terza classe, 1862)

"... invece osservò da vicino, per la prima volta, i visi dei suoi compagni di viaggio. Vide coppie felici e coppie infelici; coppie che non avevano niente da dirsi e coppie che non riuscivano a tenere le mani a posto; coppie appena formate e coppie che sembravano sul punto di dividersi. Vide uomini sposati diretti a casa dalle loro mogli e vide uomini soli diretti a casa dalle loro videocassette e dalle loro cene riscaldate al microonde. Vide donne non accompagnate, donne in coppia e donne in comitiva, e disse a se stessa: sì, io posso prendere posto tra questa gente. Qualunque cosa sia andata per il verso storto, qualunque sbaglio ulteriore io abbia commesso, ora so chi sono. Io so chi sono e mi va bene".
(J. Coe, La casa del sonno)

mercoledì 4 marzo 2009

Post felice


"... sì, feci in tempo a cogliere il lampo evanescente del mio cappello bianco lasciato indietro per segnalare il luogo dove colui che aveva condiviso in segreto la mia cabina e i miei pensieri, come se fosse un secondo me stesso, si era calato nell'acqua per scontare la sua punizione: un uomo libero, un orgoglioso nuotatore che si dirigeva, a bracciate, verso un nuovo destino."
(J. Conrad, Il compagno segreto)

Come il mare, la felicità rimane sempre là, non muta mai e ci circonda sempre. Ma non siamo mai felici, perché non la vediamo . Non siamo liberi di vederla, per colpa nostra e di chi ci circonda.
La libertà è aprire gli occhi e vedere per la prima volta il mare per com'è realmente. Vedere con i propri occhi, non con quelli di un altro o di un'intera società.
Vedere le cose come sono veramente, smettere di desiderare e invece mettersi a cercare il motivo del desiderio, e una volta capito che spesso quello che vogliamo non è esattamente quello che vogliamo, prendere la decisione di tuffarsi in mare. E, se avremo capito la verità, tuffarsi non sarà un sacrificio o una rinuncia alla tranquillità, peraltro solo apparente: sarà voglia di affermare la propria libertà, il diritto di nuotare verso qualcosa di nuovo.
A volte, stare male è un'abitudine, una cosa quasi rassicurante... e non ci accorgiamo che la verità è che spesso scegliamo noi di stare male, noi per primi. Poi, ci hanno insegnato che le abitudini sono dure a morire. E allora perché non chiamarle con i loro veri nomi? Ovvero: vizio, ossessione, dipendenza?
Perché non è vero. Le abitudini si acquisiscono e si perdono in continuazione e senza difficoltà, ma non ne siamo consapevoli, le si immagina a mo' di catene possenti e invece sono solo corde il cui punto debole è che i loro nodi sono districabili... se si riesce a vederli per come sono fatti realmente.

Io lo sto facendo e ammetto di non riuscire a trovare le parole per farvi capire quanto sono felice, ultimamente, di aver perso certe abitudini e di aver convogliato la mia energia qui, in questo mare, libera di fenderlo a bracciate e di scrutare l'orizzonte.

[p.s.
non sto smateriando... forse è perché, da quando non fumo, passa più ossigeno al cervello. Me ne fotto, il fumo non mi manca. Non può mancarmi qualcosa che mi fa male (e questo vale non solo per il fumo).
Non mi mancano neanche - con mia grande sorpresa - certe cose cui ero abituata fino a qualche giorno fa.
E non è l'atteggiamento della volpe con l'uva, sia chiaro...
In verità, accanto a me non è cambiato nulla, ripeto: il mare è sempre uguale. Ma oggi sono felice perché

non mi manca niente.]

lunedì 2 marzo 2009

Superficie infinita

" E, inversamente, di quassù si ha l'impressione che la vera crosta terrestre sia questa, ineguale ma compatta, anche se solcata da fratture non si sa quanto profonde, crepacci o pozzi o crateri, i cui orli in prospettiva appaiono ravvicinati come scaglie d'una pigna, e non viene neppure da domandarsi cosa nascondano nel loro fondo, perché già tanta e tanto ricca e varia è la vista in superficie che basta e avanza a saturare la mente d'informazioni e di significati.
Così ragionano gli uccelli, o almeno così ragiona, immaginandosi uccello, il signor Palomar. Solo dopo aver conosciuto la superficie delle cose, - conclude - ci si può spingere a cercare quel che c'è sotto. Ma la superficie delle cose è inesauribile."
(I. Calvino, Palomar sul terrazzo da: Palomar)

Non finisco mai di scoprire nuovi strati e tutte le volte mi pare di star arrivando al nucleo delle cose, delle persone e di me stessa. E ora mi rendo conto che è tutto ancora in superficie.
Non finisco mai e a questo punto mi godo lo scoprire sempre più pezzi di superficie di me, perché è una superficie infinita e questo, ora, basta a farmi sentire bene.

Trappola

"Quello che fa scattare la molla non è il sapore eccellente delle sigarette ma, anzi, proprio il loro sapore schifoso. Se la prima sigaretta avesse un buon gusto entrerebbero in azione dei campanelli d'allarme e, come esseri intelligenti, capiremmo come mai un quarto della popolazione adulta paga sistematicamente tanti soldi per avvelenarsi. Ma, poché quella prima sigaretta ha un sapore terribile, ci sentiamo rassicurati nella nostra convinzione che noi non cascheremo nel trabocchetto e, visto che le prime sigarette non ci sono piaciute, pensiamo di poter smettere quando vorremo."
(Allen Carr, E' facile smettere di fumare se sai come farlo)

E' da ieri sera che ragiono su queste parole e sono arrivata alla conclusione che questa sì che è una gran bella trappola e ci sono cascata come un'idiota.
Mio fratello ha letto il libro e da due mesi non tocca più una sigaretta.
Ho raccolto la sfida, vediamo... sto cercando di liberarmi da TUTTE le mie dipendenze.
Libertà, giusto?