venerdì 27 febbraio 2009

Cicale

- Anna ho dovuto tenerla ben ferma, si divincolava tutta, pareva un pesce all'amo.
- Eh, certe cose sono sempre schifose a farsi, ma tanto a qualcuno tocca.
- Vedi, non è che mi scocci farlo, è che è una fatica, non si lasciano ammazzare facilmente, c’è da capirle, povere bestie.
- Per quanto ne hai, ancora?
- Me ne sono rimaste tre, per ora. Vanda è la più dura, sarà che ormai è anziana, ha visto morirne altre, con lei dovrò essere più accorto e sveglio.
- E come ti abitui a tutto quel sangue?
- Mi concentro sul colore, non sulla sostanza. Sul rosso. Faccio finta che sia un liquido qualsiasi, che so, vernice, smalto. E poi, spesso, non si vede neanche una goccia. Dipende dalla tecnica.
- Bah, io vorrei esser come te, ma ancora non ce la faccio. Ho provato una volta, ma gli occhi, i suoi occhi… mi guardavano e mi hanno giudicato, mi sento maledetto a vita da quella volta.
- E poi i lamenti, quei versi disumani, ti capisco. Ma ognuno ha un ruolo, sento che il mio è questo.
- Te lo sei scelto tu, però.
- Sì, e non mi lamento. Così uccido la noia. O almeno m’illudo, la noia è l’unica cosa che puoi uccidere solo per un po’, si reincarna sempre, è più forte di me, della morte.
- Senti, dovessi aver bisogno del tuo aiuto…
- Chiamami, ci penso io. Ma imparerai a far da solo, ho bisogno di aiuto al più presto.
- Certo.
La ragazza era seduta di schiena contro il tronco del pino. Aveva appena colto la conversazione tra i due vecchi seduti sulla panchina dietro l’albero e per un istante rimase zitta, il cervello spento. Fino ad un attimo prima era concentrata sulla musica che aveva usato come antidoto contro il maledetto suono delle cicale.
Come odiava quelle bestie, erano veri e propri acciarini che, una volta iniziati a sfregare, incendiavano l’aria. Era una constatazione che le derivava dall’esperienza, un automatismo acquisito da una ventina di estati: quando frinivano le cicale, il caldo aumentava. Era come d’inverno, quando la vista dei primi pettirossi le faceva sentire più freddo.Seduta per terra sopra ad un plaid, ancora nelle orecchie uno stralcio di musica e le parole dei due vecchi, si accese una sigaretta, per reagire.
Accendersi una sigaretta, anche questo era un automatismo che la sorprendeva sempre.
Si accese una sigaretta il giorno in cui la madre le comunicò la separazione; il giorno in cui lesse il risultato degli esami di maturità, il momento esatto in cui il suo ragazzo la lasciò. Ogni volta rimaneva senza parole, il flusso ininterrotto del suo ciclo mentale si arrestava di colpo, la mano all’improvviso aveva un dito in più, pieno di tabacco.
Per fare qualcosa, per comunicare di non essere morta, per reagire e far vedere di esserci, subito, si accendeva una sigaretta. Odiava l’idea di rimanere imbambolata. Che gli altri la vedessero tardare sugli eventi e le parole. La sigaretta accesa faceva ripartire il nastro dei pensieri e delle parole.
Si spostò un attimo, il sedere indolenzito, e si voltò verso la panchina.
Due normalissimi vecchi. E certo, cosa si aspettava?
Due vecchi che parlavano di morte, uno era un assassino. Prima aveva ucciso questa Anna, poi sarebbe toccato a Vanda.
Nella mente le passarono tutte le parole che aveva sentito sulle persone che un giorno si scoprono assassini, persone normali. Chi l’avrebbe mai detto, una così cara persona. Chi, assassino lui, con quella faccia? A me non ha mai dato da pensare…

Guardando i due vecchi, anche lei si sorprese a pensare tutte queste cose. E si maledì, perché erano stupide affermazioni di circostanza. Uno dei vecchi, guarda un po’, somigliava pure a suo nonno paterno, pace all’anima sua. Un vecchio che non aveva mai ammazzato neanche una mosca.
Una mosca.
Beh, certo. I due vecchi parlavano di animali, stupida che sono. Erano due contadini o due pensionati con l’hobby dell'orticello e di qualche animale da cortile. Anna, Vanda… sicuramente il vecchio con l’hobby dell’uccisione aveva quella stupida mania di chiamare per nome le proprie bestie. Erano oche? Vacche? Galline, capre? La ragazza decise che ne aveva abbastanza di pensare a qual dialogo sinistro, prese un libro dalla borsa, in cerca di un altro argomento per neutralizzare quei discorsi di morte, si rimise le cuffie e fece ripartire la musica.
Il tempo scorreva lento, le cose rimanevano ferme in quell’afosa giornata d’estate, le cicale, disponendo di un unico strumento e di una sola nota, non potevano che inneggiare all’immobilità. Le cicale celebravano a suon di muscoli il tempo che non voleva farsi beccare a scorrere. E così, passò un’ora. Due ore...
Poi, quando il dolore al sedere arrivò all’osso, la ragazza raccolse il plaid, lo scrollò e se ne andò, un’ultima occhiata a quei due vecchi strani, assurdi. Immaginò per un attimo l’assassino di animali al suo ritorno a casa, intento ad organizzare la morte di Vanda, quel povero animale. Per un attimo le venne da ridere, quel dialogo inizialmente le aveva provocato un brivido, sarà per l’abitudine alla cronaca sbattuta quotidianamente in faccia da ogni parte. Sarà che è più facile leggere di persone ammazzate per follia o per noia che di animali uccisi per nutrimento. Assurdo.
S’incamminò, accendendosi un’altra sigaretta, togliendosi dal quadro immobile e senza sorprese dei giardini pubblici.

- Perché dobbiamo sembrare proprio due vecchi? Tra le tante sembianze da assumere…
- Vedi, l’importante è ingannare, ingannare per tranquillizzare. Per lavorare con calma e per il gusto, diciamo così, della sorpresa. È un piacere che in fondo facciamo ai destinati… ad alcuni, perlomeno.
- Vero, quante cose devo ancora imparare, mi chiedo se diventerò mai un bravo aiutante, per te.
- Col tempo, col tempo… intanto, guarda e impara. Anche se vecchio fuori, la mia anima è sempre giovane e immortale. Occorre un’anima immortale per dimostrare ad ogni istante che la vita umana è mortale. Inoltre…
- Inoltre?
- D’estate, con questo caldo e le odiose cicale che ti martellano le orecchie facendoti sudare di più, meglio sandali, canotta e braghe corte che mantello, cappuccio nero e falce! Vuoi mettere?
- Maestro, mi farai morire dal ridere!
- Bel modo di morire, se un giorno vorrai… ma è presto, per te. Andiamo, Vanda non lo sa, ma ci sta aspettando. Maledette cicale...

Nessun commento:

Posta un commento