venerdì 1 maggio 2009

Blanche

Salve, gente!
Mi sto svegliando. Arriva la primavera anche per me, sento la mente distendere i muscoli, tra poco potrò farla correre all’aperto. Ragazzi, non è facile stare immobili per tutto questo tempo! Anni, parliamo di anni.
E sempre lo stesso scenario davanti ai miei occhi. Sono una spettatrice che si sta godendo una pièce teatrale in una camera da letto, con due personaggi principali, più qualche sporadica comparsata.
Ho visto crescere gli attori con questi occhi azzurri di plastica lucida. Ho sentito discorsi e rumori con le mie lunghe orecchie bianche in acrilico. Ho annusato odori di bucato pulito e di creme da notte con questo bel nasino di velluto rosa. Non ho potuto protestare per gli occasionali odori di peti notturni e per il vago sentore di piedi sudati, ma tant’è.
E non ho mai mosso un pelo per la scarsità di scene di sesso. Non esiste la rappresentazione perfetta, no? Inoltre, non mi hanno fatto pagare il biglietto per questo loggione, questo vecchio ma bellissimo divano in pelle rosso ruggine fine anni ‘70.
Il destino, diciamo così, è stato magnanimo: non ho dovuto mai grattarmi il culo! Come avrei potuto, con queste soffici zampette bianche? Mai avuta fame, non ho apparato digerente, anche se, per ogni evenienza, stringo una carota di stoffa con la zampa destra. Servirebbe anche da tampone il giorno in cui dovessi mestruare, ma mi sembra improbabile. Sono completamente paralizzata in questo corpo, ma la mia mente ha viaggiato parecchio e ora finalmente entra in scena.
Piacere, mi chiamo Enza e abito un coniglietto bianco di peluche da ormai 30 anni.
Il suo nome è Blanche.
È più vecchia di me, dato che da quando la abito, non ho mai smesso di avere 21 anni.
Entro in scena tra poco, perché ho una missione.
Devo ritornare nel mio corpo, e più precisamente in quello della signora che state vedendo tramite i miei occhi.
La signora che dorme nel lettone.
Quella signora sono io. Enza. guardatemi.
Non sono bella e in più sono in preda allo tsunami della menopausa. I miei due figli mi hanno allentato gli addominali, allargato i fianchi e smagliata la pancia. Mio marito Carlo non sa più come prendermi, io vorrei solo che mi prendesse e basta. Devo rifarmi la tinta in settimana e ora che siamo ad aprile è ora che mi rinnovi un po’ il guardaroba. Sono un’ottima cuoca e vado d’accordo con mia suocera. Faccio un bel lavoro.
Da qua aspetto che Enza si svegli perché devo salvarla. Devo salvarmi.

Una mosca della specie rompicoglioni si appoggiò sulla narice di Enza. L’allontanò con la mano, ma ormai aveva distrutto il sogno. Enza stava proprio in quel momento gustandosi un caffè al bar del teatro in compagnia di Michele Cucuzza e gli stava confessando che sì, se avesse avuto i soldi, avrebbe scelto di farsi stirare le rughe del collo. Cucuzza, sorridendo, era in procinto di spiegare a lei e alle migliaia di telespettatrici che la questione ritocchi sì, ritocchi no stava provocando uno scisma nella parte femminile dello stivale italico, ma la mosca rovinò tutto.
Le otto e quaranta. Enza si guardò attorno, come sempre. Carrellata da sinistra a destra, guardaroba, tv e divano.
Sul divano, vestiti piegati, un giornale e Blanche.
- Che rottura, alziamoci - sussurrò impastata - Un giorno di ferie è un giorno di lavoro comunque, se sei una donna. Che fregatura.
- Buongiorno! - le rispose Blanche.
Tutto si fermò.
Enza rimase impietrita, gli occhi spalancati. I peli ritti, un pugno a chiuderle lo stomaco. Chi le aveva detto buongiorno? La tv era spenta, lei era sveglia. Non capì più niente per un interminabile minuto. Pensò che era sola in casa, marito al lavoro, figlio pure e figlia a scuola.
- Sei sorda o maleducata o tutte e due le cose? - disse ancora la voce.
Enza fu fuori dal letto in un nanosecondo cronometrato, la vestaglia spiegazzata e un calzino solo.
Focalizzò il punto d’origine della voce.
Blanche.
- Blanche? Ma che mi venga una paralisi! Che storia è? Mi sto ammattendo?- esclamò.
- Nah. È tutto ok - rispose Blanche - Come stai? Sono felice di poterti parlare, finalmente! Che lunga attesa… peggio di una fila alle poste, eh?
- Non posso credere di stare a parlare con te… sei un segno divino? Ho l’alzheimer? È uno scherzo? Chiamo qualcuno, ma chi…

- Non stare a perdere tempo, Enza. Non c’è niente di strano. Io parlo, punto. Non posso farti del male, posso parlare e basta. Non cammino, la carota non è un coltello, non sono tipo Chucky la bambola assassina, sono solo la tua coniglietta. Non aver paura.
- Ce l’ho eccome! Cosa succede? Sto impazzendo? È così che si manifesta la follia?
- Noo. Non sei matta. Sei come tutti gli altri.
- Sì, certo. Tutti hanno dei pupazzi parlanti in casa - ridacchiò Enza, sarcastica, nonostante la paura.
- Puoi dimostrare il contrario, Enza? – fece sorniona Blanche.
- Certo! Se fosse così, andrebbe contro ogni logica. Chi sei?
- Sono tua, sono te. Mi conosci benissimo, quindi. E finalmente possiamo parlarci.
- Come, sei me? Impossibile!
- Sono te, sì. Sono te da quando ti sei sposata, perciò sono te a 21 anni. Ti ricordi di me?
- Ricordo tutto di me, ma di me! Non di te. Adesso aspetto un attimo e tutto sparirà, poi vado dal medico, forse ho una carenza di vitamine. Un calo di zuccheri. Un sintomo di qualche malattia. La maledetta menopausa. E tu non ci sarai più. E quando torno ti butto via.
- Grazie, cara! Anni di fedele servizio e poi mi getti via. Non sono uno strofinaccio, sono, anzi ero, la coniglietta che ti ha regalato tua nonna Ermide. Ricordi quanto mi amavi? Ho sostituito il micio che tuo padre ha investito con l’ape facendo marcia indietro. Quanto hai pianto, giorni interi! Eri piccola, la nonna pensò di regalarti qualcosa che ti facesse sorridere e ha azzeccato la mossa. Mi portavi a scuola. Una volta ti sei seduta su di me e poi mi hai chiesto scusa. Da bambina già sapevi che ero viva e, in qualche modo – disse dolcemente Blanche – mi vuoi ancora bene, dai. E io sono qui perché ti voglio bene.
Enza iniziò a piangere in silenzio.
Aveva paura, certo, ma sentire tirare fuori certi ricordi della sua infanzia le intenerì il cuore. Ricordava Alaindelon, il micio morto, le sue lacrime, il profumo della nonna, il pacchetto con dentro Blanche. La gioia e gli occhi neri e teneri della nonna.
Disse, arrendevole – Che vuoi? Perché mi parli? La mia famiglia è in pericolo? Sei la madonna?
- Ma quale madonna! Quella sta in chiesa. E ha quell’espressione triste, moscia, assolutamente out. Di una che fa poco sesso. Io invece rido, ho la mia carota. Freud direbbe: fai bene a ridere, cocca, con quella carotona! Suvvia, ti sembro la madonna? Quella appare in zone orribili ai contadinelli poveri in un fascio di luce, non alle borghesi di buona famiglia del centro Italia e con una carota in mano, per giunta! Io voglio aiutarti. Hai bisogno.
- Ma io non ho bisogno di niente! Perciò sparisci. È tutto sotto controllo, io sto bene, in casa va tutto bene… almeno fino ad ora.
- Sei felice?
- Felice. Parola eccessiva. La felicità è un lusso. Sto come tutti. Tiro avanti.
- Tiri avanti cosa, di grazia? Ascolta, la felicità è un lusso perché la gente l’ha fatta diventare tale. Come una villa, un diamante, una notte con Brad Pitt, un amore ossessivo e irraggiungibile, un ritocco estetico al di là della nostra portata. In realtà, è altro. Qualcosa di più facile. Tu non sei felice.
- Non mi faccio dire da una coniglia se sono felice! Ma guarda te! – Enza arrossì dalla rabbia.
- No, tu desideri un ritocco estetico. Ma alla tua anima, non al collo.
- Come cazzo fai…- si bloccò. Non diceva mai parolacce e mal le sopportava sulla bocca dei suoi cari, soprattutto da quella di Chiara, che da quando frequentava il linguistico aveva imparato brutte parole anche in inglese e francese.
- Come sai del mio sogno? Un sogno è una cosa irrazionale, falsa. Parlavo con Cucuzza, figurati…
- Sì, vabbè. Basta parlare dei massimi sistemi. Sono loro a spostare troppo in alto l’idea della felicità. Nessuno l’ha capito. Basta guardare in alto, al massimo ci troviamo un dio muto ed enigmatico e un concetto d’infinito che ancora non siamo capaci di capire. Bella consolazione. Piuttosto, guardati attorno. Guarda in te. Sicura che vada tutto bene? Che giorno è oggi?
- Gio…giovedì, ma che c’entra?
- Che fa Carlo tutti i giovedì sera dopo l’ufficio?
- Ma che ti frega! Va al circolo a giocare a poker. Gli piace da matti. Mi ha portato a vedere Casino Royale solo perché c’era James Bond che giocava a poker. Per fortuna quel Bond lì era carino. Mi stava spiegando le regole, finchè un ragazzo dietro di noi non l’ha mandato a… insomma, Carlo s’era fatto prendere dalla passione, parlava ad alta voce e quel ragazzo…
- L’ha mandato a fanculo, Enza, dillo. Affanculo. Non è un crimine dire parolacce.
- No, ma non sta bene. Io odio la volgarità. Ce n’è già tanta in giro. Non in questa casa, però.
- Tu dovresti odiare ben altro, Enza. Cosa mi sei diventata, in tutti questi anni? – sospirò Blanche- ma lasciamo perdere. Non dovrei essere io a dirtelo, ma il giovedì molti negozi sono chiusi il pomeriggio e Carlo stacca alle 18.
- E allora?

- Non dico altro, non posso fare tutto io… inoltre, uff! non sono abituata a parlare, sono stanca. Vorrei una benagol.Tu intanto rifletti. Per oggi basta. Ah, mi aspetta un duro lavoro! Ciao, eh.
- Blanche?
Enza capì, non si sa come, ma ne era certa, che tutto era tornato a posto. Il treno della normalità era tornato sui binari giusti. Lentamente compì i soliti gesti quotidiani, ma si cambiò in bagno. Non volle farsi vedere nuda da Blanche. Fatta colazione, un caffè senza zucchero per combattere i grassi e un bicchiere d’acqua tiepida contro i ristagni dei liquidi, uscì.

Lo studio del dottore era vuoto,tranne per un anziano che puzzava di piscio e di sudore. Enza lo guardò, pregando di non fare la stessa fine. Che mancanza di dignità in una persona che si trascurava. Si chiese che razza di figli o nipoti potevano lasciare un vecchio in quello stato. I suoi figli erano diversi, l’avrebbero accudita. A meno che oggi il dottore non le avesse confermato che stava impazzendo, allora ci sarebbe stato il ricovero all’ospizio. Non c’erano problemi economici in casa. Tre stipendi, anche se Lorenzo spendeva tutto in palestra, vestiti e cene con gli amici. Anche se la scuola di Chiara costava. E la paghetta per i vestiti, le borsette firmate, i cd, le creme e le ricariche del cellulare. Le vacanze al mare. La settimana bianca e lo scooter dell’anno scorso. E che diamine, come volavano via i soldi! A proposito, oggi ci sono l’olio d’oliva e il rollè di vitello in offerta, se si fosse sbrigata…
Non rivelò al dottore l’episodio. Gli accennò vagamente di aver sentito delle voci al suo risveglio e gli fece domande sulla menopausa e sull’alzheimer. Il dottore la rassicurò con un sorriso affabile, era sicuramente stress. Passeggiate all’aria aperta, un po’ di ferie, vitamine e sana alimentazione avrebbero aiutato il suo cervello affaticato.
- Un par di palle, coglione! - mormorò una voce dentro di sé.
Enza trasalì per questo pensiero rapido e traditore. Non poteva aver pensato quelle parole, ma fece finta di nulla. Arrossì fino al midollo. Pensò a Blanche, forse le era entrata nel cervello. Per un attimo pregò Dio di farla tornare indietro nel tempo e mettere tutto a posto. Non voleva passare per una posseduta, da una coniglia di stoffa, per giunta…

Fece spesa, farmacia, supermercato e casa.
Ebbe paura di tornare a casa, ma poi in camera vide che Blanche era viva quanto un tacchino al forno con contorno di patate. Preparò il pranzo per sé e la figlia. Carlo e Lorenzo mangiavano nelle loro mense. La cosa aveva smesso di dargli fastidio, Lorenzo si vedeva che aveva una bella cera, perciò era chiaro che si nutriva bene. Carlo stava ingrassando, ma si sa che tutti gli uomini mettono su pancia ad una certa età.
Chiara era magra ma si era fissata su una dieta personale, lei non sapeva mai come accontentarla. Un tempo, tutto quello che le preparava le piaceva, e sua figlia la definiva la cuoca più brava delle Marche e lei sorrideva orgogliosa. Ora non le stava bene niente. Pasta e pane, per carità! Niente ciambelloni secondo l’antica ricetta della bisnonna. Aspartame e crusca. Carne, solo pollo. Infatti, anche quel giorno si arrese di fronte al petto di pollo al limone.

Mangiarono, madre e figlia in silenzio, il tg parlava al posto loro. Chiara notò l’espressione seria della madre.
- Che c’hai, mà’.
- Niente, sono andata dal dottore. Mi ha dato le vitamine, sono un po’ stressata.
- E gli integratori per me, non c’era niente?
- Ma che integratori! Devi mangiare il cibo, non le bustine! Sei dimagrita.
- Ma se sono un budello, mà! Le fardelle…
- Vabbè. Come è andata oggi?
- Ok, ho rischiato a storia, quella pu… la prof mi voleva interrogare, poi invece ha spiegato.
- Va tutto bene, Chiara?
- Bah, a parte che Scamarcio non è venuto a prendermi neanche oggi, direi che è tutto ok.
- Se c’è qualcosa che non va, dimmelo.
- Che fai, porti sfiga? Dai, è tutto ok, prendi le vitamine, mi sa che hai un bisogno urgente. Vado in camera. Poi faccio i compiti da Alessia. Stasera minestrone senza sale, me l’hai promesso ieri.

Occhiali neri, tuta blu, cappellino. Informale per non dare nell’occhio, Enza entrò nell’atrio del circolo cittadino, evitando accuratamente gli sguardi. C’erano dei vecchi e alcuni uomini dell’età di suo marito. Qualcuno che conosceva di vista. La barista pareva annoiata, neanche una bestemmia da uno dei tavoli da gioco sembrò sfiorarla.
Questi giovani, già così insensibili, osservò dentro di sé. Adulti in miniatura. E che scollatura. Un po’ di decenza, in mezzo a tutti quegli uomini che potrebbero essere suo padre o suo nonno. Anche Carlo, che però non vedo da nessuna parte.
Figurati, Carlo. Con quell’aria bonacciona, non ce lo vedeva a sbirciare in una maglietta. Piuttosto, più probabile che sbirciasse le carte degli altri.
I giovedì i negozi sono chiusi, le ricordò una vocetta all’orecchio. Beh, allora? Che significa? Carlo sarà da qualche amico, o forse addirittura è già a casa.
O chissà dove.

A cena erano tutti e quattro, otto occhi rivolti alla tele, al tg. Unica frase, di Carlo:- ‘Sto paese è sempre più uno schifo.
Enza aspettò di essere andati a letto per fargli qualche domanda.
- Hai notato mai niente di strano la mattina in questa camera? Cioè, rumori come voci…
- Sì. Te ne volevo parlare, non riesco più a far finta di niente.
- Dai!
- Sì, una voce tutte le mattine…mi chiede sempre chi me lo fa fare ad alzarmi e rinchiudermi in quella gabbia di matti per una paga che…
- E non scherzare! Mai serio una volta, tu.
- Ma che hai? Non ti puoi limitare alle vampate? Di che parli?
- No, niente, forse è solo suggestione. Hai giocato a poker stasera?
- Certo, lo sai. Perché?
- Niente. C’è una saletta privata per il poker?
- No, dove capita. Perché?
- Niente.
- Mi piace quando mi fai domande per niente. È stimolante. Vuoi imparare a giocare a poker?
- Forse.
- Beh, ci metteremo d’accordo. Una sera ti porto. Ma ti annoieresti, qualche volta capita anche a me, gioco con certi somari. Meglio il …il ricamo per te, suppongo.
- Buonanotte.
- Buonanotte.

Non fu una buona notte, Enza non dormì. Ripassò tutti i ricordi della sua vita con Carlo. Si erano conosciuti alla sagra della salsiccia, ballando su un pezzo di Mario Tessuto. Fidanzamento bello, era la sua prima e unica storia, anche se ne aveva vissuti, di amori, nella sua testa. Enza da ragazza aveva una mente sognatrice. Sempre nei suoi sogni, aveva accalappiato nell’ordine: il vicino di casa, bello come un dio, il figlio del sindaco, un lontano cugino di Milano, un giovane carabiniere e un maturo insegnante che le ricordava Sean Connery.
Era brava ad inventare storie piene di passione, con tutti quegli Harmony letti. Ogni tanto si vergognava d’immaginare i suoi compaesani nudi e di farci certe cose, ma non poteva evitarlo.
Poi era venuto Carlo, allegro e pigro. Dal fidanzamento al matrimonio riparatore. Sempre con molta allegria, Carlo l’aveva messa incinta e lei si era sentita in colpa. Non si fa sesso prima del matrimonio, l’ammoniva la nonna, poi le colpe si pagano. Ma Lorenzo si era rivelato un frutto bellissimo. Che figlio dolce e carino avevano avuto! Poi, i pensieri, i problemi e il lavoro. Carlo col tempo aveva smesso di fare l’amore con lei. Ogni tanto, certo. Era meno allegro, anche se mai arrabbiato. Le pareva un po’… spento, ecco. Lo guardò diverse volte, quella notte. Dormiva pacifico. Non le aveva detto tutto quella sera, era sicura. Ma perché?

Al mattino seguente, sabato, giorno di mercato, appena sveglia, Enza sentì dire che
- …la commessa della salumeria del corso è proprio una gran figa!
- Blanche? Ancora?
- Ops, scusa il linguaggio. Ma la colpa è anche vostra. Tutta quella tele che mi sorbisco qua. Ormai ho assimilato il linguaggio. Parlo come in un film di Tarantino o come i ragazzi del GF. Divertente. Allora, capito niente? Carlo?
- Non ha giocato al circolo, mi sa. Ma non so che dire.
- Digli che la salumiera è proprio… una bella fanciulla. Che è fortunata a fare il suo lavoro, in mezzo a tutti quei salami, i ciauscoli però sono troppo unti e mollicci per lei. E che lui ha buon gusto.
- Smettila, basta!. Se tu parli anche oggi è proprio perché sto veramente male. Che faccio, adesso?
- Se pensi di star male, allora guarisci. Non parlare ancora col dottore, parla a te. Per chi stai vivendo così? Per chi hai gettato i tuoi sogni dentro questa coniglia? Ne vale la pena? Ti stanno ripagando come meriti?
- Il mio sogno è quello che sto vivendo. Famiglia, lavoro, casa. Non posso chieder di meglio. Mi vogliono bene, i colleghi mi rispettano, d’altronde non ho mai dato modo a nessuno di farmi odiare. Non ti capisco.
- Enza, tu non volevi sposarti così presto! Ricordo che volevo… volevi studiare e andare via dal paese. Fare esperienze. Incontrare un uomo che ti amasse totalmente. O che almeno ti chiavasse in modo pazzesco.
- Basta! Cazzate di gioventù. Oddio, ho detto cazzate?
- Ehehehe, così mi piaci. Guarda che le dicevi, le parolacce, a 20 anni.
- Sì, ma poi si matura. Si hanno delle responsabilità, si cambia. Quei ragazzi della tv hanno sicuramente in casa genitori assenti o ignoranti. I ragazzi imparano tutto da loro.
- Non è vero. Non solo da loro. Gli amici, i compagni, la musica, la tele, la gente per strada. La vita! È la vita intorno che ti insegna le cose, i genitori ti danno solo l’input. Quello che vedi in giro è un prodotto della vita pura e semplice, chi dice che deve essere per forza decorosa… Hitler non fumava, non beveva, era vegetariano, si dilettava cogli acquerelli, amava il suo paese, un figliolo modello, il prototipo del ragazzo della porta accanto…
- Ma insomma, che cosa ti aspetti da me?
- Tu salvi te stessa, così mi liberi da questa coniglia. Sai, sta arrivando l’estate. Le estati sono pesanti per me, non immagini quanto calore sprigioni questo pelo. Sarebbe gradevole abbandonare questo corpo prima di giugno.
- Va bene, mi arrendo – sospirò Enza – sentiamo. Cos’è questa storia della salumiera?
- Ecco, prendi questa frase e girala a Carlo stasera. Tutto qua.
- Mio marito ha qualcosa a che fare con la commessa?
- Natale cade il 25 dicembre, Enza? sveglia! Ah, i pantaloni di Carlo sono caduti per terra. Ma tanto bisogna lavarli, hanno una macchia sulla patta…
- Mmh, sempre a cambiare discorso, non ti capisco proprio. Mi hai stufata, ora mi alzo e… - si bloccò.
Una macchia sulla patta? Si alzò di scatto, raccolse i pantaloni grigi che erano scivolati dalla sedia e guardò la patta, vergognandosi un po’. A prima vista, niente. Si girò verso Blanche, come a dire: vedi? Stai farneticando. Poi se l’avvicinò al naso.
Sperma.
Per quanto pudica, sapeva riconoscere l’inconfondibile, misterioso odore di sperma. Una volta sentito non lo scordi più. Associava sempre l’odore di sperma alla pizza bianca calda, mozzarella e champignons, che preparava Ciccio, il fornaio. Non lo aveva mai detto a nessuno – impossibile!- ma ora quello che vide, chiudendo gli occhi e aspirando, fu proprio una bella e fumante fetta di pizza mozzarella e funghi. E, in controluce, notò una scia secca e vischiosa. Lo sperma era subdolo sui panni chiari, qualunque massaia lo sapeva quando cambiava le lenzuola o indagava sugli slip di un figlio adolescente.
Cosa significava quello sperma? Quando lo aveva… versato? Un’eiaculazione improvvisa in ufficio, durante un bilancio? Al volante, in sosta al semaforo sotto un cartellone pubblicitario di biancheria intima? Durante la pausa caffè per caso aveva ordinato dalla macchinetta un bicchierino di sperma e se lo aveva rovesciato sui pantaloni? Un collega gli aveva sborrato (oddio) di striscio e poi aveva chiesto scusa? Si era sporcato sul davanti e qualcuno gli aveva detto:- Carlo, che brutta macchia! C’è solo un rimedio: sperma. Credimi, è un toccasana per macchie come questa, mi ringrazierai, vedrai.
Iniziò a ridere sguaiatamente, alla fine aveva le lacrime agli occhi. Vedeva quel tranquillo ometto di suo marito in mille situazioni diverse che finivano tutte con un getto di sperma sulla patta - ooops, mi scusi!mi creda, non l’ho fatto apposta! – e non poteva smettere di ridere. Affondò il viso sulla trapunta matrimoniale con i pantaloni in mano.
Poi smise.
Sbattè i pantaloni sul muso di Blanche.
- Fammi capire bene. Uno più uno fa due, no? Allora sperma e salumiera fanno corna? È questo che dovevo capire?
- Ooohh, benvenuta Enza! Quanto mi sei mancata… e ti è tornato pure il senso dell’umorismo. Ricordi che eri la più licenziosa tra le tue amiche? Eri la più audace, ti adoravano. Eri coraggiosa, eri…
- … Era il passato! – urlò Enza – ora sono diversa. La vita mi ha dato un compito, eccolo. Buona moglie e buona madre, questo è il mio ruolo. Mamma è stata questo, mia nonna pure. Mi va bene così, è quello che voglio. Le donne fanno questo, no? Però, forse non sono brava abbastanza, se Carlo ha una storia con quella donna.
- Tu non sei solo questo. Cosa fai per te stessa? Cosa fa Carlo per te? Lavora, contribuisce a sfamare la famiglia e a pagare le bollette, ma a te cosa dà? È tuo marito, perciò devi pretendere che ti ami. Hai sempre voluto essere amata, e adesso ce l’hai, l’amore?
- L’amore non è solo sesso.
- Di sicuro, l’amore non è tradire di nascosto la propria moglie.
- Basta, ora voglio stare da sola.
- Bene. È un buon inizio. Ti saluto, alla prossima.

Carlo stava esaminando una polizza, avrebbe dovuto contattare il cliente, ma prima decise di controllare la posta. Non si sa come, gli arrivavano decine di spam al giorno, eliminarle era un piccolo rito quotidiano che faceva a metà mattina, per spezzare la mole di lavoro, insieme alla lettura delle principali testate giornalistiche di questo paese del cavolo. Mai una notizia che gli desse un po’ di fiducia. Una volta se ne fregava di tutto, poi pian piano si rendeva conto che le sue idee lo stavano portando sempre più a destra, solo per l’idea della necessità di uno stato forte, di maggior protezionismo, mano forte con i giovani sballati e gli extracomunitari criminali. Non era amore per la politica di un certo colore, ma piuttosto disperato bisogno di una guida che tirasse fuori lui e l’Italia dal penultimo posto nella classifica europea in ogni settore.
Seguire la politica era una fuga, così come il poker, così come Roberta. Un rifugio, un timido segnale dell’esistenza di una vera felicità.
Cancellò gli svariati inviti all’allungamento del suo pene, rinunciò all’offerta vantaggiosa di un chilo di pasticche per migliorare la prestazione sessuale, eliminò l’annuncio di un libro su come fare soldi a secchiate facendo lavorare gli altri al suo posto, ignorò una promozione di una serie in dvd sul settore giovani asiatiche ingenue e cavalli esperti. Come gli arrivavano quelle cose? Un problema d’intranet, evidentemente.
Poi, una mail attirò la sua attenzione. Dal pc di casa.

Oggetto: leggilo subito

Ciao, caro.
Vengo subito al sodo.
Non chiedermi come l’ho saputo (ne parliamo a casa, da soli), ma so con certezza che il giovedì per te non c’è solo il poker. Ti piace giocare anche al dottore, eh?
Con la commessa della salumeria.
Non negarlo! Noi donne abbiamo il nostro istinto per capirlo! Ecco perché mi tratti come se non esistessi, e sai di che parlo.
Non mi arrabbierò più di tanto se stasera avrai il coraggio di parlarmi con sincerità.
Se mi sbagliassi (ma non credo), questa lettera è un invito a parlare comunque, stasera. Prepara la tua coscienza.
Intanto, vaffanculo.
Buon lavoro.
P.S.
Te l’ho detto mille volte: i panni sporchi nel cesto del bagno, non sulla poltrona in camera! Così impari.
Stasera, spezzatino con piselli e insalata. E mangia un po’ in bianco a mensa, sei gonfio come un maiale.

Enza.



Rilesse la mail qualcosa come venti volte. Incredibile. Uno scherzo? No, era l’indirizzo del pc di casa. E quella era Enza, anche se un po’ colorita nello stile. Glielo confermava l’accenno allo spezzatino. Concordavano sempre il menù. Come cazzo sapeva di lui e di Roberta? Enza era diventata con gli anni un po’ rincoglionita, mentirle era talmente facile da togliergli il gusto.
Per tutta la mattinata lavorò male. Non ascoltò al telefono, riscrisse una lettera più volte, rispose a monosillabi ai colleghi. A mensa mangiò solo l’insalata. La parola maiale l’aveva colpito, ci aveva visto subito il doppio significato. Si tastò la pancia, le maniglie dei fianchi. Pensò che però Roberta era molto sexy, una vera donna, la dea del pompino. Ma lo faceva star male pensare a sua moglie e al suo dolore, ma perché non era rimasto tutto come prima?
La giornata durò millenni.

A cena Enza aveva avuto fortuna. Lorenzo uscì che ancora stava masticando l’ultimo boccone, Chiara si chiuse in camera col cellulare bollente di sms.
Carlo non la lasciava mai con gli occhi, proprio come ai primi tempi del corteggiamento, quando la fiamma era alta e vivida. La cosa le fece un po’ piacere, era al centro dei pensieri di suo marito, anche se per cause dolorosamente sbagliate.
Sparecchiò con studiata lentezza, fischiettò pure mentre avviava la lavastoviglie. Gli occhi di Carlo intanto le foravano la nuca, sentiva il loro fascio di calore.

Andò in bagno e poi diretta in camera. Carlo era già là, teso. Poi, lui parlò.
- Enza, mi è arrivata stamattina una lettera molto curiosa che…
- Perché curiosa? – lo interruppe lei.
- Dai, non voglio perdere la pazienza. Ora, io so che è un momento difficile per te, la menopausa, il lavoro e quelle stronze delle tue colleghe, Chiara che non mangia, Lorenzo che torna all’alba, su. Mi rendo conto. Ma uscirtene con questa cavolata mi pare…
- Quale cavolata? Carlo, dimmi la verità. Io esigo e merito onestà da parte tua. Non urlerò, non divorzierò, ma dimmi. Soprattutto perché.
- Io vorrei sapere chi ti ha detto una cazzata simile – sibilò lui.
- Una vocina a me vicina, caro.
- Non è vero niente, non c’è nulla da spiegare, Enza.
- E allora di chi è questo sperma, Carlo? Gli disse sventolandogli i pantaloni sotto il naso. – non mi dirai che non lo riconosci, dai.
Lui sbiancò. Si sentì un attimo in trappola, la mente vegò qua e là come una cavia in un labirinto. Sentì un bolo di spezzatino risalirgli dallo stomaco. Sentì le coronarie a rischio. Ma mentire no, ormai. Voleva in qualche modo liberarsi. Poi, sospirò.
- Al diavolo. Sì, quello è il mio sperma. Nella fretta non mi sono pulito bene. E sì, ero con… Roberta, giovedì.
Ma è successo solo qualche volta e non sono innamorato di lei.
- E allora di chi sei innamorato?
- Di nessuno. Cioè, ti voglio bene, ma… non ti desidero molto, cioè… ho altri problemi, il lavoro e tu sei sempre acciaccata ultimamente, non ti va mai di farlo…
- Non mi va di farlo?! Io sono sempre accanto a te la sera, aspetto che tu faccia una mossa e…
- Roberta, è lei che fa la prima mossa e a me piace per questo. Lei mi cerca! Tu no!
- Adesso è colpa mia, eh?
- No, pure mia. È vero, scusa. Ora che facciamo? Che intenzioni hai?
- Tocca a te. Se ci tieni a tutto quello che abbiamo, figli compresi, tocca a te. Vedi tu. Io non ti condivido con nessuno, però, sappilo. Se vuoi continuare con quella, vai. Ma vai via di qua – disse tremando. – pensaci. O continui con lei in un altro posto o ricominci con me. Mi trovi ancora un po’… seducente? Cioè, se mi impegnassi pure io…
- Io … è dura per ora. Io ti voglio bene. Però…
- Si vuole bene ad un figlio, un collega simpatico, un amico, i genitori. Me, tu devi amarmi, cazzo!
- Enza! Tu non dici mai cazzo!
- Lo dicevo, ti ricordi? Quando eravamo innamorati. L’ho detto anche in chiesa, quando non riuscivo ad infilarti l’anello, ricordi?
- Già, mi hai fatto pisciare dal ridere. Don Mario ci aveva sentiti – sorrise lui.
- Ho avuto il sospetto pure io. Da quella volta non l’ho più guardato dritto negli occhi. – ridacchiò lei. Poi lo guardò negli occhi, seria. - La colpa è anche mia, Carlo, lo so. Ho lasciato scorrere tutto, senza far niente. Ero assorbita da tutto il resto, mi sono dimenticata di te. Ma non merito il tradimento. Se lo farai ancora vi cavo gli occhi a tutti e due.
Lui la guardò, spaventato dall tranquillità con cui aveva pronunciato l’ultima frase.
- È che per me, per la maggior parte degli uomini sposati, tradire è più comodo, sembra la via più facile. Anche per me è dura dar conto di tutto nella vita. Ma questa vita mi piace. Ha dei lati belli. I figli, la casa, le comodità, non mi posso lamentare. E tu sei una brava donna. Non credo di poter lasciare tutto per una sco… per il sesso. Che ne dici? Mi perdonerai, magari non subito? Ti chiedo scusa, anche se non serve a molto.
- Dico che sei sotto controllo da questo momento, Carlo. Che adesso firmiamo un contratto dove ci impegniamo a tornare quello che eravamo prima del matrimonio. Faremo il possibile, ok? Iniziamo ora.
- Ora? Che intendi? – chiese Carlo preoccupato.
- Slàcciati i pantaloni, voglio ricordare che sapore hai.

La mattina seguente, si svegliò con la bocca impastata. Aveva dormito bene.
Guardò Blanche, la chiamò.
- Grazie per lo spettacolino, cara!- disse Blanche - Finalmente qualcosa di diverso su questo palco! Potevate fare il bis, però.
- Non chiedere troppo, sono tutta rotta. Provaci tu al mio posto.
- Eh no, qua è la pace dei sensi. Eppoi ho sempre questa carota che…
- Fai schifo, Blanche. Allora, ho fatto bene? Dovevo cacciarlo via?
- No, invece hai fatto bene a cacciarlo dentro di te. Hai un bel colorito stamattina!
- Non scherzare. Sento che mi aspettano giorni difficili. Ma forse è la scelta giusta. Mi sento meglio, ho uno scopo in più, anche se ho paura. Avrei preferito che Carlo non mi avesse mai tradito. Anche se mi ha dato più fastidio il fatto di essere passata da stupida, piuttosto che il tradimento in sé. Ma non voglio perderlo, perdere tutto quello che abbiamo costruito.
- Carlo è un uomo e tu sei una donna e lo avevate dimenticato. Cioè, tu l’avevi scordato, Carlo mi pare che invece avesse trovato una via d’uscita… sulla bella commessa. Haha! ma come mi vengono?
- Ridi, eh. Vorrei vedere te.
- Io sono te, non lo scordare. Ma ancora non è finita. Come sta Lorenzo?
- Lorenzo? Bene, ma… adesso che c’entra Lorenzo? Anche lui ha qualche problema?
- Il problema è che tu lo chieda ad una povera e semplice conigliotta, povera Enza. Cosa sai di lui?
- Lavora, si cura il fisico, veste bene, ha una bella combriccola di amici, è l’invidia delle mie colleghe, ama i nonni ed è sempre docile con me. Cos’altro dovrei chiedergli?
- Bah, tipo come va il cuore. Se ha una ragazza… un ragazzo…
- Un ragazzo!- rise Enza- Ma va a… scusa. È giovane, c’è tempo per portare a casa una donna, oggi i ragazzi si accasano tardi. Amano la bella vita che fanno in casa con i genitori, chi glielo fa fare a sposarsi presto? Oggi i ragazzi sono più furbi di noi vecchi, i matrimoni riparatori sono in calo. Sono sicura che quando s’innamorerà sul serio me ne parlerà.
- Lui è già innamorato. Ma non te ne può parlare.
- E perché? - chiese sinceramente sorpresa - Va con una sposata? Una drogata? Una più grande?
- Tu sbagli genere. Pensaci. Ma soprattutto parla con lui. Non ci parli mai.
- Certo che parliamo! Tu che fai tanto la saputella, dovresti sapere che parliamo tutti i giorni.
- Anche con Carlo parlavi, ma la cosa più importante l’hai saputa tramite me – applausi, grazie – e scavando in te stessa.
- Dimmi cosa ha Lorenzo che non va.
- No, tocca a te. Comunque, qualsiasi cosa scoprirai sappi che in lui non c’è niente che non va, anche se lui stesso qualche volta è portato a credere il contrario. Ti dò un indizio: una sera a cena, mesi fa. Un servizio del tg su un‘importante manifestazione. Una piccola lite tra te e tuo figlio. Ora ti saluto e stasera mi raccomando, tu e Carlo… non deludetemi! Preparo i popcorn! Wow!
Enza scosse Blanche. Rimase muta. Anche per quella mattina la sibilla aveva finito. Ma l’aveva lasciata a pezzi. Dopo Carlo, un nuovo tarlo.

Qualche giorno dopo, Enza era al telefono con un cliente che aveva un cascinale da vendere. Un succoso affare per l’agenzia, ma ora non gliene importava niente. Stava facendo un bilancio degli ultimi giorni. Fatti positivi: aveva fatto l’amore due volte, la cosa le era piaciuta, certo che pensare a Tiberio Timperi l’aveva aiutata, ma si assolse, quello non era un tradimento. E che Carlo pensasse pure alla sua Roberta, questo la portò a ricordare il secondo fatto positivo.
Infatti, un giorno, improvvisamente, aveva deciso che in casa c’era bisogno urgente di 3 etti di lonza magra.
In salumeria, davanti ad una commessa imbarazzata aveva chiesto con molta tranquillità della lonza, c’era solo una vecchietta alta un metro. Era il momento giusto, pregò dio che la vecchia fosse sorda.
- Sono tre etti e 40, che faccio lascio?
- Brava, lascia pure. E già che ci sei, lascia pure Carlo, và.
- Eh?
- Tieni il resto, puttana.
Era uscita quasi come una ladra, il cuore in gola, un po’ tremante sulle sue comode Valleverde.
Fatti negativi: la sensazione che i suoi cari e tutti gli altri fossero degli alieni. Per non dire poi del coniglio parlante, un argomento spinoso.
Fece due chiacchiere con le altre tre segretarie. Tre donne normali. Si chiese se fossero davvero felici e se conducessero veramente la vita che trapelava dai loro discorsi. Decise di no, non era giusto che solo a lei capitassero certe cose. Magari anche loro avevano un coniglio parlante e due corna da cervo in testa. La cosa la faceva sentire meglio. Sapere che tutte mentivano la rincuorava. Non era sola. Il coniglio parlante no, magari, ma le corna sì. Osservò in particolare Anna. Dio, quant’era brutta! E che alito… tradirla era quasi un dovere. Anna era il tipo di donna che un uomo avrebbe più facilmente ucciso che scopato. Le venne da ridere: questa era una frase alla Blanche. Si nascose dietro il monitor. In quell’attimo si sentì felice e non si rimproverò per i brutti pensieri sulla povera Anna. Insomma, quella era pure parecchio stronza ad atteggiarsi ad étoile dell’ufficio.
Poi si ricordò di Lorenzo. Aveva una questioncina in sospeso con lui, ma prima doveva passare a farsi le ciglia e i baffetti da Cinzia, la sera prima aveva quasi sfregiato Carlo nell’impeto della passione.

Tornò a casa alleggerita dalla montagna di peli, il viso disteso da un massaggio, il capello fatto.
Lorenzo era in palestra, la figlia in salotto si stava iniettando musica alle orecchie, ipod in una mano, cellulare sull’altra, sembrava la dea Kali. Muoveva il collo come un piccione.

- Hai lavato l’insalata per cena?
- No,mamma, ho studiato come una pazza.
- Infatti, ti si vedono le occhiaie…

Entrò in camera di Lorenzo cercando di assumere il più possibile lo sguardo penetrante e azzurrino di James Bond. Impenetrabile e glaciale, si mosse come a evitare minacciosi fasci di laser rossi posti davanti ad una tela al Louvre.
Doveva concentrarsi e non lasciar tracce. Tirò un sospiro.
Letto ok, armadio pieno di vestiti, magliettine stirate, un profumo buono nell’aria. Quanto era ordinato, Lorenzo. Il pc era spento, non lo accese, anche se moriva dalla voglia, ma non doveva lasciare segni della sua indagine. La libreria, titoli di scrittori sconosciuti, i cd ancora più alieni. Mika (chi?), George Michael (caruccio, peccato si facesse le canne e andasse con i poliziotti maschi nei bagni delle discoteche, che peccato), Michael Bublé (questo sì che le piaceva, che voce e che portamento), cantautori italiani che una volta ascoltava anche lei, Carmen Consoli, e quella nana nordica strana, Bjork. Bah, niente.
Aprì vari cassetti, anche lì niente di anomalo.
Notò il led del lettore dvd acceso e sorrise per la sbadataggine del figlio. Spense il lettore, ma poi lo riaccese. Vide che c’era un dvd senza scritte.
- Vediamo un po’ che film è, magari gli chiedo di darmelo – pensò.
Una scritta in tedesco, poi le immagini partirono, senza preavviso. Due uomini nudi, uno sull’altro, o meglio, uno dentro l’altro. Capì solo Hans!oooh, Hans! Ja, ja!
Spense tutto in fretta, urtò un soprammobile dell’Ikea e diede un gridolino quando incespicò uscendo di corsa. Il Bond che era in lei era sparito un attimo, lasciando il posto ad una donnetta confusa in fuga.

Si chiuse in camera, si sedette sul letto e iniziò a piangere. Chiamò Blanche.
Ma Blanche non rispose.
Dopo un po’ si risistemò, si preparò per la cena. Decise che avrebbe fatto finta di niente finchè non avesse avuto la possibilità di parlare alla coniglia, la maledetta coniglia che adesso la guardava con muta indifferenza.
Maledetto il giorno in cui tutto aveva iniziato ad andare storto. Maledetti tutti che non le dicevano niente a casa!
Il mattino dopo, aspettò che Carlo uscisse insieme a Chiara, Lorenzo era partito già da qualche minuto. Aveva mezz’ora di tempo, l’agenzia apriva alle nove.
Chiamò Blanche.
- Ciao, Enza. Che gnoccolona, ti ha fatto bene andare dall’estetista! Ma non hai dormito, vero?
- Come potevo, dopo quello che ho visto ieri? Dimmelo tu!- disse mestamente, lo sguardo a terra.
- Che hai visto? Lorenzo guarda i porno, lo fanno quasi tutti gli uomini. Non è grave.
- Sì, ma porno con donne! Lì c’erano due uomini. Anzi no, due froci.
- I froci sono uomini, cara. Uomini che amano gli uomini.
- Non sono uomini normali, voglio dire. È vero che in questi ultimi anni ce ne sono di più, ma la colpa è della società permissiva e di genitori assenti e della tv che ti sbatte in faccia culi e tette all’ora di pranzo! Lorenzo è normale, gli abbiamo dato tutto seguendo le regole. È molto… come dire, maschile, non sculetta, non si vestiva da bambina da piccolo. Gli piace il calcio, tifa Juve come suo padre.
- Cazzo, che maschiaccio! Statistiche alla mano, è noto che essere juventini allontani il rischio di contrarre la malattia nota come frocismo, non lo sapevo… ma dai! I gay non sono femminucce, qualcuno è effeminato, qualcuno no. Ti stupiresti di certi maschi virili che ci sono in giro e che guardano alla figa come se notassero un portacenere..
- Forse però quel dvd gliel’hanno dato per scherzo…
- Sì, come no. Quante amiche ha tuo figlio?
- Ah! Un fottìo! – esclamò trionfante Enza.
- Altro brutto segno. Le donne amano i gay perché possono permettersi finalmente il lusso di non dover competere tra di loro alla ricerca di un maschio da sedurre. I gay le trattano con rispetto senza dover pensare al modo meno faticoso d’infilargli qualcosa tra le gambe a fine serata e le donne li ringraziano per questo. Dimmi il numero esatto di donne che Lorenzo ha battezzato con l’acqua santa del suo bel rubinetto.
- Basta, Blanche! Non parlare così di lui. Se ha avuto storie con qualcuna, non me l’ha detto per pura vergogna. Di solito i figli maschi non parlano con le mamme di certe cose. Va così.
- Ti sembra bello che tuo figlio si ritrovi a non confrontarsi con sua madre perché va così? Parlare d’amore e di sesso è una cosa bellissima. Non capisco come si preferisca parlare di cose più sconce come la guerra, la politica, le veline e Vespa! Tu devi aiutare tuo figlio.
- E cosa posso fare per riportarlo sulla buona strada?
- Non capisci proprio un cazzo tu, eh? Non lo devi guarire, non è malato. Lo devi solo accettare.
- Io non accetto una cosa simile, Blanche! Non posso far finta che sia normale. Quell’attore stava… penetrando da dietro un uomo, uno schifo! Non capisco come…
- Ho detto accettare, non capire. Vabbè, vai che fai tardi. Ma non smettere di pensarci su.
Enza – la chiamò Blanche.
- Eh?
- Non smettere di parlare con te stessa. E ricorda il passato.

Al lavoro non la tirò su neanche la bella provvigione per la vendita di un appartamento oscenamente costoso. Addusse il suo malumore ad un mal di testa. Le colleghe la evitarono.
Nella strada verso casa si fermò a guardare le vetrine. Guarda qua questi manichini! – pensò – e questi sarebbero modelli maschi? A qualcuno di questi non sono ancora scese le palle per quanto sono… efebici, effeminati. Così è facile per un povero ragazzo sbagliare bersaglio, è più maschia la Bellucci di questo biondino anoressico qua. Ma va a… cagare, va. Non ci capisco più niente.

A cena il Milan le salvò la serata, era giorno di coppa. Se ne stette in silenzio sul divano con un libro, osservando marito e figlio gufare, da bravi sportivi.
Sembravano uguali. Si davano battute, gomitate, partì pure un poderoso manico sincronizzato a due quando il Milan sbagliò una punizione. Lorenzo stampò addirittura un rutto osceno e potente, seguito dalla risata di Carlo. Fu come musica per le orecchie di Enza, che stavolta non protestò, limitandosi ad un mugugno.
Mio figlio è normale, rutta pure alle partite! Blanche non ha capito un cacchio! I froci sono creature delicate, educate, non ruttano e non vanno allo stadio – si disse.
Però, poi pensò che fosse un pericolo tutti quei sederi sodi e quelle cosce muscolose per un ragazzo dubbioso in fatto di sesso. Perché non guardava le partite di volley femminile? Vabbè, è che il calcio è lo sport nazionale.

Cercò di rilassarsi nei giorni seguenti. Pensare ad altro e attendere il momento giusto per parlare con suo figlio. Aveva paura. Le corna erano un argomento più semplice, più familiare rispetto all’omosessualità. Parlare a Carlo era più semplice che affrontare una persona più giovane. Dei giovani sapeva solo quello che vedeva in tv o sentiva nei discorsi di altre mamme. Le bastava fare i confronti e concludere che i suoi figli erano come tutti gli altri. Anche lei era stata giovane, ma pensandoci trovava difficoltà, come se dovesse ricordare il personaggio di un film o di un libro. Poi, ogni tanto le veniva in mente una serata, una frase, un suo coetaneo e rimaneva sorpresa. Io mi sono ubriacata quella volta nella casa di campagna di Betta? Io? Proprio io ho tirato da uno spinello in spiaggia durante i fuochi al paese? Ho toccato proprio io il culo carnoso di Luca alla festa di compleanno, quella volta?…
Tutti ricordi frammentari su cui a volte rideva, scandalizzata ma più che altro divertita. Che bei tempi… basta, al lavoro! Le case non si vendono da sole.
Poi però il cervello riabbandonava la nave. Approdava su isole di scene passate, di risate sguaiate con certe sue amiche, di pompini focosi sull’Alfasud rossa di Carlo, di senso di potenza che sentiva quando gli procurava involontariamente delle spaventose erezioni, dil sapore seducente della grappa fatta in casa dal nonno, bevuta di nascosto e rimboccata poi con acqua. Che vertigine la prima volta che aveva ecceduto con la Lacrima del contadino! Che soddisfazione indossare gonne al limite del consentito il sabato in piazza.
Poi, tutto era finito improvvisamente. Tutto quanto. Amici addio, ora doveva fare la mamma e la moglie.
Solo il lavoro era stata una sua scelta degli ultimi anni. Le piaceva vendere case, scovarle e visitarle. Le sembrava un gioco e ritornava bambina quando vedeva una casa per la prima volta.
(Oh, guarda che bel ripostiglio! Che grandi, qua hanno ricavato una mansarda! Dio, questi qua hanno rivestito tutto di marmo rosa? Che gioiellino, questa tenda! Vende pure questa, signora?)
Nel frattempo, sia Blanche che Lorenzo rimanevano muti di fronte a lei. Il figlio l’aggiornava sul lavoro, le comunicava alcuni bisogni spiccioli, un nuovo paio di mutande, una ricetta per una cena con gli amici, le raccontava episodi curiosi che succedevano in città il sabato sera, le consigliava un libro o un film in uscita.
Blanche invece la riempiva di domande silenziose, di pensieri sconosciuti.

Poi, un giorno, dalla parrucchiera, era seduta accanto ad una signora con la stagnola in posa per la tinta che sfogliava una rivista di gossip. La sentì iniziare un dialogo con la vicina sotto il casco.
- Certo che certe cose proprio non te le aspetti. Leggo, eh?: “Cecchi Paone presenta il suo nuovo compagno”.
- E pensare che è stato pure sposato - gli rispose una signora sotto il casco.
- Eh sì, oggi si nascondono bene, questi uomosessuali…
- Omosessuali
- Sì, omosessuali. E dire che niente di lui dice che è frocio.
- Beh, signora, non è che si mettono su un cartello con la scritta “Sono frocio” – s’intromise una sciampista.
- Che c’entra, è che non ti puoi più fidare. Penso ad una povera madre che scopre il figlio frocio.
- Già, un fallimento su tutta la linea. Non ti darà mai un nipote, non si sposerà mai.
- E poi forse si becca una di quelle malattie che lo ammazzano. Tutti ti parlano male alle spalle.
- Non so se è peggio un figlio recchione o un drogato. Dalla droga si esce, in fondo basta volerlo.
Guarda il figlio di Vanda, quello che adesso vive a Roma. Fortuna che è partito, la madre non riusciva più a guardarlo negli occhi.
- Ultimamente era sempre in chiesa con gli occhi rossi. Pregava tutto il giorno. Si vergogna tuttora per lui.
- Già, meglio che sia partito. Lontano dagli occhi…
- … lontano dalle stronzate! - Rispose Enza. Un muro di silenzio venne eretto in pochi secondi, gli occhi fissi su di lei.
- Ma siete sceme?! Per nulla al mondo una madre dovrebbe vergognarsi di suo figlio! Anche un assassino può contare sull’affetto della madre, in molti casi. Non vi capisco. State parlando come di un mostro!
- Signora, non si agiti – rispose acida una delle due donne – era tanto per parlare. Non mi dica che non è un problema per una madre avere un figlio omosessuale.
- Certo, un bel problema – convenne Enza – ma la soluzione è il confino fuori da casa? Lontano da chi ama e lo ama? Tuo figlio ha un problema e tu non sai fare di meglio che vergognarti e andare a pregare in chiesa? chiedendo a Dio la grazia di fargli preferire le donne?
Ormai era partita in quarta, non importava più quello che sarebbe successo poi. Era una leonessa ed era sicura che poi non avrebbe provato vergogna.
- Ora, me la vedo Vanda. Torna a casa e vede l’arcangelo Gabriele su suo figlio prostrato in estasi. L’arcangelo srotola una pergamena immacolata con la scritta in oro FIGA è MEGLIO in mezzo a cherubini che suonano la tromba! Così si risolve la cosa, pregando. Certo, e intanto tu e tuo figlio vi allontanate sempre di più. Lui soffre da una parte, tu dall’altra, non parlate e decidete che la fuga – non la figa, purtroppo – è la risposta. Tu, madre, tiri un sospiro di sollievo. Dopo le prime chiacchiere , il quartiere passerà a pettegolezzi più gustosi e la facciata verrà ricostruita e lui, tuo figlio, vedrà il portone di questa facciata chiudersi, forse per sempre!

- Beh, signora, certo che nessuna madre farebbe del male ad un figlio, ma certe cose si fanno per il bene di tutta la famiglia… - azzardò la donna con la stagnola.
- Mmh, che bel concetto fare del bene costringendo qualcuno ad andarsene, proprio bello – fece Enza sarcastica - Che bello scegliere di vergognarsi invece di… - fece una pausa.
- Invece di? – incalzò la signora con casco
- Invece di capire e di crescere insieme a tuo figlio. E imparare da lui quello che per ignoranza vediamo come una malattia.
- Brava, signora! Lei è una figa! – disse la sciampista ridendo. Letizia, la titolare, le diede un colpetto col phon sul gomito.
Le signore borbottarono, poi di nuovo silenzio, parlavano solo i phon e il dj della radio.
Enza si sentiva un gran calore alle orecchie, la gola irritata, ma un senso di pace. Squadrò le donne presenti. Puttane – pensò - grandissime, ignoranti vacche di campagna, dovreste rifarvi il cervello, non la piega. Ho pietà dei vostri figli e vorrei che Roberta si chiavasse regolarmente tutti i vostri mariti… o meglio, che un Roberto se li inculasse a dovere, voglio vedervi poi a cercare tracce di sperma col Luminol come su C.S.I!
Blanche le apparse nei pensieri. Forse c’era lei dietro alla sua sparata, ma ora non era più tanto sicura.
Che soddisfazione! Insultarle l’aveva liberata. Le parolacce a volte non erano peccato.
Erano semplicemente quello che qualcuno meritava ed erano un lusso per quelle come lei.
Una parolaccia da sillabare lentamente gustandola come un grasso cioccolatino.
Si sentiva forte e consapevole. In quel momento avrebbe voluto avere Lorenzo accanto, abbracciarlo e baciargli la nuca tenera e tiepida.

Passarono alcuni giorni, si era alla fine di aprile. Aprile è il mese più crudele, diceva un poeta inglese..
Mai come in questi giorni le era parso più vero. Però, strano a dirselo, provava una sensazione di potenza. Come quando s’infilava gli occhiali da lettura la sera. Le immagini erano più vivide, più precise. Così vedeva il mondo attorno a sé, la gente che lo affollava. I suoi cari. Li vedeva, ma ora li capiva pure. Capiva meglio Carlo, quello che cercava. Capiva meglio il perché sua figlia avesse scelto la dieta per affermarsi nel già spietato mondo adolescenziale. Capiva che doveva aiutarla nelle sue altre scelte, dato che quella della dieta le sembrava discutibile.
Con Lorenzo il discorso era più complesso. Diete e corna erano argomenti facili, da un certo punto di vista. Si sentiva capace di dire la sua in materia. Ma sull’omosessualità…
In incognito, aveva comprato alcuni libri in una libreria fuori città. Li leggeva di nascosto, per ora la famiglia doveva ignorare la cosa, lei non era pronta. Aveva però imparato tante cose. Il giovane commesso di una videoteca le aveva consigliato un paio di film sul tema. Lei se li era visti da sola sfruttando le poche ferie rimaste.
Molti grandi artisti erano gay (adesso usava la parola gay, le sembrava una parola più neutra, meno negativa). Gente insospettabile era gay. Molti si scoprivano gay dopo matrimonio e figli, dopo una vita di finzione. Non si scelgono le proprie preferenze sessuali, ci vengono date insieme agli occhi blu, ai capelli marroni, alla voce nasale o al naso curvo. Semplice, anche se comunque non avrebbe mai capito cosa si potesse provare a baciare una donna (le faceva un po’ schifo) e cosa avesse di meglio un corpo maschile rispetto alle curve morbide di una donna agli occhi di un uomo. Le canzoni di George Michael erano belle come quelle di Michael Bublé. Erano normali, avrebbero potuto scambiarsele tra loro, nessuno avrebbe notato un infrocimento da parte di Bublé. Iniziava a muoversi in questo strano mondo che le pareva meno ostile del previsto. Incomprensibile ancora, ma non più ostile.

La mattina in cui decise di affrontare Lorenzo, chiamò Blanche. Era da tempo che non le parlava.
- Ciao, piccola! – rispose allegra Blanche - Come va? Stanotte mi hai stupito, ti sei fatta prendere da dietro dal tuo stallone!
- Beh, era per cambiare… così. Io sono più stupita di te, dato che ne abbiamo fatte due di seguito. Credo che Carlo non vada più da Roberta.
- Perché dici così?
- Mah, una sensazione quando lo facciamo. È più impetuoso. Più attento. Eppoi, lui non può prendere viagra, è iperteso, perciò se si sfianca con me… in più, dopo parliamo sempre un po’. Prima mai. Uffa, ascolta. Anche se mi tradisse, ogni tanto, questo Carlo qua mi piace di più! Ha notato che ho perso 2 chili, era contento.
- Beh, certo, finalmente ha scoperto che sua moglie ha scoperto di essere una donna, scusa la repetitio.
- Quanto sei colta, Blanche… - ironizzò Enza.
- Alla tele imparo anche questo, strano ma vero. Dovreste però lasciarla accesa di notte, bassa magari, perché di giorno passa solo merda continua.
- Adesso ti riconosco… senti, io parlerò con Lorenzo. Mi tremano le gambe, però.
- Per l’argomento, suppongo. Ma è come tutti gli altri temi, Enza. Pensa che non abbiamo mai difficoltà a commentare le immagini del dolore e della morte degli altri, che riesci ad ingoiare le lasagne perfino quando Fede apre bocca, che ridi commentando il culone della velina e non ti scandalizzi quando un’attricetta confessa quanto sia dura la vita da diva.
- Ho capito. È che non ho familiarità coll’argomento e non sono abituata a parlare con i miei figli.
- Questo è per colpa tua e di chi ti ha educato, di chi ha educato chiunque a partire dal primo coglione che ha creduto alla presunta creazione di Adamo e…
- Lascia stare la religione, Blanche. È troppo per me. Andiamo per gradi, per favore! Non sono Don Chisciotte. Ho cose più importanti da sbrigare.
- Hai ragione. Ma sei arrivata al punto di capire che le cose le devi vivere, non subire.
Una madre che prepara un buon polpettone è una buona madre.
Una madre che prepara solo il polpettone no.
Una madre che parla con suoi famigliari è un’ottima madre.
Una madre che parla di sesso con se stessa e con la famiglia è una donna.
L’omosessualità è solo una branca del sesso, perciò bùttati.
- Dimmi solo una cosa… manca tanto alla fine di questa storia di te che sei me e che parli da una coniglia di pezza? Continuo a sentimi un po’ idiota.
- Ah, non sta a me dirlo. Lo capirai da sola. Comunque, sei ad un buon livello, non manca molto.
- Devo fare tutto io in questa casa, ho capito – le disse tirandole senza convinzione un reggiseno addosso.
- Già – rispose Blanche – non ti tiro la carota perché so che non me la ridaresti, insaziabile ninfomane!

A cena l’attenzione era tutta sulle grosse bistecche. Commentarono la loro bontà, Lorenzo fece il bis di patate fritte, Chiara li guardava disgustata, ruminando lentamente rucola e songino sconditi finchè sbuffò:
- sembrate delle jene, sembrate. E tu, babbo, non ti vergogni? Mi fai il bis di patate con quella trippa che ti ritrovi? E te Lorenzo, non le smaltirai neanche con 4 ore di spinning duro!
- Chiara, ora basta. Basta con questa dieta, se vuoi crepare di fame non scocciare noi, capito? – le rispose la madre, puntandole una forchetta.
- Mamma ha ragione, sei secca come uno spino e piatta come la Padania! – disse Lorenzo – vuoi fare la modella? Vuoi morire di fame perché pensi che così il figone del liceo si degnerà prima o poi di darti una botta?
- Lorenzo, lasciala stare – intervenne Carlo – le ragazze fanno tutte così. Vedrai che quando crescerà le passeranno queste fisse. E tu, Chiara, mangia che sennò ti faccio dimagrire a forza di calci in culo. Ti piallo io, cristo! – si rivolse paonazzo alla figlia.
- E no, babbo! È un pezzo che va avanti così. Ma che, l’ho notato solo io? Pure le mie amiche me l’hanno detto. Guarda che tua sorella è mezza anoressica, mi dicono. Ma tu, mamma, la lasci fare? – disse esasperato Lorenzo.
- Beh, io…- Enza era paralizzata. Non doveva andare così. Non era la dieta di Chiara l’argomento da affrontare e ora non sapeva che dire.
- Vostra madre si fa un culo così per voi, certo che lo sa!- s’infuriò Carlo. Enza lo guardò sorpresa – e ci sono tante… tante altre questioni che mamma deve affrontare, Chiara. Anche tu devi fare la tua parte. E cresci un po’, che la vita non è solo tv, ipod e cellulare! Non è solo bel corpo, ma anche una zucca che funziona. Pensa alla scuola, a crescere sana, a …
- Adesso viene fuori che sono pure scema?! – piagnucolò Chiara – che volete da me? A 16 anni non sono libera di mangiare quello che mi piace?
- Certo, chiunque preferisce l’insalata scondita alle patate fritte. Mamma - disse Lorenzo – non osare più presentarci sta roba. Da domani anche io e babbo vogliamo il riso bianco, l’insalata, il petto di pollo condito con l’aria! Buoni!
- Sei proprio un cazzone! – sibilò la sorella – che ne sai? Sei un uomo. Non esistono uomini grassi. Gli uomini al massimo sono robusti, le donne sono grasse!
- Che cazzata! – gli rispose arricciando il naso Lorenzo.
- Ragazzi, moderate il linguaggio, mi sto innervosendo – mormorò poco convinta Enza.
Lorenzo si addolcì. Poi si rivolse alla sorella.
- Guarda, Chiara, che questa della magrezza è una fissa di voi donne. Agli uomini piacciono le donne in forma, anche formose, perché le curve sono piacevoli. Vuoi mettere una Bellucci in confronto a quegli scheletri?
- Proprio tu parli di donne?! – la frase risuonò come uno sparo secco nel silenzio. Enza si morse un labbro. Voleva morire per quella sua frase. Non poteva credere di averla detta.
Di corsa fuggì in camera.

Chiara intanto era andata via sbattendo la porta. Lorenzo attese un momento, attonito. Il padre gli restituì lo sguardo di chi non ci capiva più niente.
Lorenzo si alzò e disse a Carlo che sarebbe andato a parlare con sua madre, vedere come stava. Il padre non gli rispose, rimase fisso e muto a guardare il piatto.

Quando Lorenzo entrò, vide sua madre in ginocchio davanti al divano di pelle. Stringeva la coniglia di peluche e mormorava
- tipregotipregotipre..
- Mamma! Ma che fai? Oddio, tu stai male, perché non ci hai detto… è la menopausa, mamma?
- Lorenzo, sei il meno adatto a parlare di menopausa, che tu di figa non capisci proprio niente! Lo so, cosa credi?
- Mamma! Che vuoi dire? – disse esterrefatto Lorenzo.
- Ascolta, scusa. Non volevo fare battute, ma guarda che io so che tu sei gay. Ti volevo parlare di questo, ma poi Chiara…
- Mamma, io non avrei mai pensato di parlare con te di questa cosa. È vero, sono gay. Non voglio sapere se hai ficcanasato in giro o se ti è arrivata una voce da qualche vecchio troione, non è importante. Sì, sono gay da sempre e prima che tu dica qualcosa, ti premetto che no, non sono malato, no, non andrò in terapia o da un prete pure più finocchio di me, no, la figa non mi piace per niente, no, non sono dispiaciuto perché questa è la mia natura e basta, e se i nonni piangeranno e i parenti spettegoleranno non m’importa niente. E se voi non mi accettate…- iniziò a piangere - …non me ne fregherà un cazzo, perché questa è la mia vita, questo sono io, prendere o lasciare!
- A me non importa, Lorenzo. Io volevo solo che tu me ne avessi parlato. Io sono tua madre! Non mi dici nulla, Chiara non parla, babbo sta zitto, ma insomma! Ok, tu sei gay, ma io sono merda per questa famiglia!
Ho dovuto portare le corna per poter riavere tuo padre! Ho dovuto minacciarlo per poter riavere attenzione!
Adesso le cose vanno meglio e sai perché? Perché parliamo, cristo! E ti dirò di più, ora si scopa pure! Cosa pensi… - ridacchiò – l’uccello piace pure a tua madre!
- Mamma, mi fai morire! – l’abbracciò – da dove tiri fuori queste parole? Mi pare di conoscerti per la prima volta solo ora. Io ti voglio bene, mamma.
Lei gli baciò il collo.
- Sono io che sono diversa, ora. Sai chi sono? Sono tua madre prima che tu nascessi, piccolo. Tua madre era una tipa tosta, da ragazza! Altro che tua sorella… non sfogliavo giornali di modelle, non mi chiudevo in casa ad ascoltare l’ipod, e i messaggini li dicevo in faccia, ai ragazzi! E dicevo qualche parolaccia, mi divertivo. E ora voglio divertirmi con voi, con te. Voglio partecipare e vivervi e voi dovete fare la vostra parte. Sei gay e sei mio figlio. Non m’importa del resto. Ci saranno problemi, tu li affronterai, io farò il possibile. Sono stanca di essere spettatrice di una commedia senza senso, in questa casa. Che cosa me ne frega di chi ami, m’interessa che tu sia capace di amare e che tu venga amato come meriti.
- Beh, allora ti do uno scoop: mi vedo con uno di fuori. Sto meglio ad avertelo detto, ma per ora procediamo con ordine, con calma. Ho bisogno di tempo, anche con loro, di là. Fammi decidere le cose con calma. E direi che ora è più importante quell’idiota di Chiara.
- Sì, e scusa per quella volta.
- Quale volta?
- Quando abbiamo litigato per quel servizio in tv, sulla sfilata dei gay a Berlino. Ho detto cose di cui ora mi vergogno mentre tu eri, sei uno di loro…
- Non è niente. Non si può pretendere che la gente capisca.Tu hai fatto un buon lavoro, anzi.
- Ok, ora va da papà. Digli che è tutto ok e che sparecchi lui. Digli che accenda la lavastoviglie, che sennò la roba si secca. Poi ci parlo, da sola a letto. Ora rimango un attimo qua, scusa.
Lorenzo chiuse piano la porta.
Enza guardò Blanche, la chiamò, ma la coniglia si ostinò nel suo silenzio.
Dopo un po’ cedette.
-Vaffanculo, Blanche. Volevo solo dirti addio.

La notte Enza e Carlo non fecero sesso, ma parlarono fino all’alba. Enza non gli disse di Lorenzo, ma Carlo la stupì confessandogli che da un bel pezzo si era fatto la stramba idea di avere un figlio frocio in casa. Enza lo corresse, gay era meglio. Lui la guardò e disse semplicemente: meglio gay che drogato, assassino o comunista. Lei rise e gli diede un pugno sullo stomaco. Carlo concluse che qualsiasi fosse stato il problema, lui era pronto a combattere. Che il mestiere di padre era duro, ma che in fondo conosceva padri in situazioni peggiori. Lui avrebbe affrontato ogni cosa.
- Pure io - pensò Enza, e si addormentò in poco tempo.

La mattina dopo Blanche non parlò. Enza capì che se n’era andata.
Andò a lavorare. Quando Anna le chiese di prenderle un caffè dalla macchinetta lei rispose che non vedeva alcuna ragione del perché non potesse prenderselo da sola. Le altre la guardarono esterrefatte, ma contente che qualcuno avesse tappato la bocca alla primadonna.
- Vigliacche, non prendeteci l’abitudine, ora tocca a voi reagire - mormorò Enza dentro di sé.
Si fermò a guardare le vetrine, questo le ricordò che aveva promesso a Chiara di fare un giro per negozi. Sperò di non spendere molto e tirò un lungo sospiro al pensiero di dell’enorme sforzo che le sarebbe costato cercare di forzare la cassaforte piazzata nella testa di sua figlia. Ma non avrebbe mollato. Oh no, non avrebbe mai più mollato, aveva scoperto che la vita era una battaglia costante e che lei era di nuovo viva.

Una mattina si svegliò con una strana euforia, aveva fatto un sogno movimentato. Guardò Blanche, che rimase immobile e ignara.
Nel sogno, si trovava in una città tipo New York, però in Italia. C’era una ressa di gente sul marciapiede, per camminare doveva lottare come una rugbista. Indossava un bel tailleur, sembrava più magra. C’erano persone in maschera, era tutto colorato, alcuni ballavano, altri tiravano dritto con lo sguardo serio. Voci e musica, un sacco di traffico per strada. Nessuno faceva caso a lei, poi vide due occhi spiccare su tutto. Azzurri, puro ghiaccio. - Ma è James Bond! Allora esiste! - Si disse lei con gli occhi spalancati. Lui la incrociò camminando, la ignorò, finchè lei non gli tastò il culo.
- Signora, è matta?! Gli fece lui, voltandosi di scatto.
- Sì, e tu sei un dio!- gli rispose lei e poi sgusciò tra la folla. Attraversando un incrocio, da un altoparlante che sparava musica altissima una voce si sovrappose. La riconobbe e si fermò.
- Salve gente! Chi vuole la mia carota? Non mi serve più, sono libera! Libera! Hey, ciao, Enza. Grazie di tutto!
- Grazie a te, a noi, cara Blanche – rispose - Devo andare, ho l’arrosto sul fuoco. Addio.

1 commento:

  1. questo racconto è nato non so come. L'immagine di partenza, il nucleo di tutta la storia è stata una semplice visione: un divano di pelle marrone e un pupazzo a forma di coniglietto. Stop.
    Il resto è venuto così, immagino di poter parlare di possessione. E se così fosse, vorrei come unico esorcista Don Zauker... anzi, no: non esorcizzatemi, voglio rimanere posseduta da questa magia, perché quando avviene che un fotogramma dà vita ad un racconto intero - seppur discutibile nella forma - io mi sento come non mi capita quasi mai, neanche nei momenti più belli o felici: mi sento completa, sento la mia realizzazione come persona e il mio senso su questo pianeta. Quando avviene che qualche ora prima questo racconto non esisteva e dopo un po' esso è lì, a dire "io esisto e sono appena nato dal nulla", io sento che sono ad un passo dal sentirmi al di sopra di tutto e di tutti. Sento che le lacrime che mi fanno pizzicare gli occhi sono la cosa pù viva e più vera che posso donare a me stessa e agli altri. Sento cosa vuol dire fare un miracolo.
    Questo racconto può non piacere, ma sicuramente chi mi ama proverà piacere nel sapermi capace di creare con le parole.

    Sarebbe bello che fosse sempre così.. ma, come la vita, niente segue un piano logico e predeterminato e perciò ecco che racconti come Black Lisa (ad esempio) invece non vogliono ancora uscire fuori da me. Ma, come la vita, tutto questo è sfida e la sfida è il mio pane quotidiano, perciò... BL nascerà, così come nasceranno le parole di quella canzone le cui note ancora non conosco ma che mi stanno già aspettando.
    Questione di tempo.

    "Lo giuro".

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